Roma celebra la città etrusca riemersa dalle acque

Roma celebra la città etrusca riemersa dalle acque

Uno dei centri etruschi più misteriosi, il cui ricordo sopravvisse per secoli dopo la decadenza e il successivo oblio sotto il fango e il mare, è protagonista di un’importante mostra al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia. Inaugurata il 10 novembre e aperta al pubblico fino al 7 aprile 2024, la mostra “Spina etrusca a Villa Giulia. Un grande porto nel Mediterraneo” è terza e ultima tappa delle celebrazioni per il centenario della scoperta di Spina, la più importante città etrusca dell’Adriatico scoperta nel 1922 nei pressi di Comacchio.

Giornali di scavo redatti per le indagini archeologiche in Valle Trebba tra il 1922 e il 1935. 

Regina della storia perduta ma mai completamente dimenticata, inghiottita e resa prigioniera dal delta del Po e per secoli cercata da intellettuali e archeologi. Spina fu snodo fondamentale dell’antichità tra Oriente e Occidente, talmente importante da essere definita dai greci polis hellenis, con la possibilità di detenere un thesauros nel santuario di Apollo a Delfi. Decadde sul finire del III secolo a.c. ma rimase viva fino all’epoca augustea. Poi l’oblio. Giovanni Boccaccio tra il 1360 e il 1363 riaccese l’interesse per la ricerca dell’ex porto etrusco ma solo nel Novecento, inaspettatamente, secoli di teorie e analisi videro un esito concreto. Fu l’ingegner Aldo Mattei, funzionario del Genio Civile impegnato nelle bonifiche dell’area, a scoprire in Valle Trebba un sepolcreto etrusco ricco di vasi decorati e a scrivere poi alla Soprintendenza agli scavi e ai Musei Archeologici di Bologna. Era l’aprile del 1922, l’inizio di tutto.

Da allora due principali campagne di scavo, la prima dal 1922 al 1935 e la seconda tra il 1953 e il 1965 con oltre 4 mila tombe rinvenute, per lo più intatte, e uno dei nuclei più importanti al mondo di ceramiche d’importazione attica. “Spina non è più soltanto un nome” come ebbe a dire l’architetto, storico dell’architettura e ingegnere Guglielmo De Angelis d’Ossat. Uno dei complessi funerari più grandi scoperti in Italia fino ad allora e un tesoro storico, archeologico e culturale che oggi, dopo cento anni, viene giustamente onorato con una serie di mostre tra l’Emilia Romagna e Roma la cui ultima tappa è proprio il museo di Villa Giulia.

Oltre 700 le opere in mostra, provenienti da istituti culturali italiani ed esteri, in dialogo con gli oggetti delle collezioni permanenti e dei depositi del Museo Nazionale Etrusco. Per un percorso espositivo multimediale che narra della storia degli etruschi e delle loro relazioni culturali, commerciali e sociali, allargando lo sguardo alle città dell’Etruria tirrenica e all’intero bacino del Mediterraneo. Un’occasione speciale per conoscere i segreti di una città che si credeva perduta per sempre, la cui incredibile eredità trasmessa dai millenni non smette di stupire e arricchire il presente, con la speranza che ulteriori scoperte possano avvenire anche in futuro.

 

Statuetta votiva in terracotta raffigurante Enea e Anchise in fuga da Troia
seconda metà V sec. a.c. o prima metà IV sec. a.c.

 

About Marco Bombagi

Laurea Magistrale in Scienze Politiche con indirizzo sociale e del lavoro conseguita nel giugno 2006. Praticante giornalista presso "Lumsa News" ( scuola di giornalismo dell'università Lumsa) da ottobre 2007 a ottobre 2009. Giornalista professionista dal 19 gennaio 2010. Autore del romanzo "La Valle di Erec" edito da Progetto Cultura