E’ uno strano museo quello del Maam di Roma, Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz, nato nell’ex-salumificio Fiorucci di Via Prenestina 913, alla periferia orientale di Roma, per salvare lo spazio attraverso l’arte e, contemporaneamente, promuovere l’arte, anche in periferia, attraverso quello spazio.
Nel marzo del 2009 l’ex-salumificio Fiorucci, su iniziativa dell’organizzazione Blocchi Precari Mediterranei, viene occupato da un paio di centinaia di persone, pari a circa 60 famiglie, italiani, peruviani, marocchini, ucraini, rumeni e anche rom, tutti in cerca di un’abitazione, quale atto dimostrativo contro un colosso delle costruzioni: la Salini Srl.
Nasce così quella che viene definita la Città Meticcia, che ci appare prima di tutto come la storia di un incontro tra persone che cercano una casa e degli artisti che, ad un tratto, scendono in campo per raccontare questa vicenda e dare supporto a questa azione. Da questo binomio tra arte ed etnie diverse, nasce un simbolo: la cultura come chiave per salvare le persone.
Tra le mura della vecchia industria, nascono così murales, installazioni e sculture di vario genere.
All’ingresso, tra le travi che tagliano il cielo sopra al cortile interno, campeggia una L.u.n.a. realizzata da Massimo De Giovanni che fa compagnia alla scritta Nihil difficile volenti, “niente è difficile per colui che lo desidera” dell’artista Pasquale Altieri, a ricordo dell’impresa che ha assicurato una casa a tante persone che la sognavano, considerandola impossibile come la Luna nel cielo.
Se per anni quello spazio è stato luogo di morte per tanti maiali che lì venivano sgozzati, nella stanza che ospitava le vasche di raccolta del sangue, le opere di Nicola Alessandrini e Vincenzo Pennacchi richiamano le scene dell’orrore che, per anni, quelle pareti hanno contemplato inerti.
Ora però l’arte può dar voce a quelle morti e il murales di Pablo Mesa Cappella e Gonzalo Orquín, eMAAMcipazione, posto nella cosiddetta Cappella Porcina, ribalta il percorso delle bestie, raccontandolo dalla morte alla vita, inevitabilmente suggerendo, così che quella è l’inversione di tendenza segnata dall’occupazione dello spazio.
Quella fabbrica di morte che per decenni aveva fornito carne alla popolazione dell’Urbe, assicurava ora una casa e nuova vita ad altre bestie da macello: i poveri, gli immigrati, gli emarginati.
Se già il vecchio Mattatoio di Testaccio era stato riconvertito a spazio artistico, nell’Maam invece, il salvataggio di duecento persone dalla strada diveniva la prima delle opere d’arte che richiamava altra arte, stavolta figurativa finché i suoi stessi abitanti, insieme a Francesco Careri di Stalker/Osservatorio nomade, iniziano a farsi appassionare dalla cultura del fare arte, contribuendo alla costruzione di quel razzo che diventa allegoria della conquista dell’inottenibile.
Tra le opere, molte sono sorprendenti quanto a tecnica realizzativa e a fascino d’ambientazione, eppure questo spazio, aperto al pubblico solo il sabato, intriso degli odori etnici del bar e costellato di volti che mostrano i segni delle diverse provenienza, è ignoto ai più e costituisce una perla, non solo d’arte, ma anche d’integrazione nella nostra Roma di oggi.
MAAM – Museo dell’Arte e dell’Altrove
Via Prenestina, 913, 00155 Roma – aperto il sabato dalle ore 11;00 alle ore 17;00