Un’eredità di gag e figure retoriche leggendarie. Il gusto per l’iperbole e l’esagerazione artistica. Senza dimenticare l’allegro uso del congiuntivo, forse l’aspetto più attuale di tutti. Tutto questo e molto altro è stato ed è Fantozzi, creazione prima letteraria poi cinematografica di straordinario successo. Al Piccolo Eliseo l’11 novembre viene celebrato il primo aspetto con una “Serata Fantozzi” di letture clamorose nell’ambito del ciclo “Risate a regola d’arte”. Iniziativa a cura di Pierluigi Battista con Giovanni Benincasa e la voce di Demo Mura.
Il personaggio che divenne simbolo tragicomico, ma soprattutto comico, delle miserie d’Italia. Per sempre. Maschere eterne che da allora vengono associate, quasi immediatamente, a molteplici situazioni. Dai direttori galattici alla Contessa Serbelloni Mazzanti Viendalmare. Dalla “pianta di ficus simbolo del potere” fino all’adulazione servile e ostentata nei confronti dei capi di ogni ordine e grado da parte dei sottoposti. Anzi, degli “inferiori”. Era il 1971 quando uscì il libro “Fantozzi”. Più di un milione di copie vendute e un trionfo che proseguì negli anni successivi sia in libreria che al cinema. Al Piccolo Eliseo l’11 novembre Pierluigi Battista, assieme a Giovanni Benincasa e Demo Mura, fa rivivere quella comicità travolgente con la lettura, in occasione della “Serata Fantozzi per il ciclo “Risate a regola d’arte”.
Vengono sfogliate così le pagine del best seller del 1971 per rievocare scene sfuggite alla macchina da presa e non inserite nei film della celebre saga. Come il capitolo dedicato al Salone della nautica, narrato dalla voce di Demo Mura perfetto nell’imitazione di Paolo Villaggio. La prosa inconfondibile dello scrittore, attore, comico scomparso alcuni anni fa, coinvolgeva il pubblico trascinandolo nel vortice di vicissitudini grottesche e irresistibili che da sempre costituiscono l’anima della comicità dell’autore genovese.
Dalla gita alle grotte di Postumia, che si conclude con la dipartita del professor Zingales a causa di una stalagtite, alla cena giapponese, che nella trasposizione cinematografica si svolge in compagnia della signorina Silvani e nel libro, invece, vede protagonisti i terribili coniugi Folchignoni. In entrambe le versioni però è presente il povero cane pechinese PierUgo, che termina la cena come pietanza. Senza dimenticare aneddoti sulla vita di Villaggio, la sua simpatia ed eccentricità. Una pagina importante della tradizione italiana, spesso guardata con altezzosità dai protagonisti della cultura seriosa, viene così celebrata e riconosciuta.