Il teatro: il cocktail più inebriante che c’è.

Il teatro: il cocktail più inebriante che c’è.

Ha debuttato martedì 28 settembre, nella gradevole cornice del “Teatro Le Maschere” di Roma, lo spettacolo Bobby and Amy, primo appuntamento della Rassegna Nuova Drammaturgia -Incontri, il cui programma prevede altre 4 interessantissime proposte da qui alla fine del 2021.

Di Giuseppe Menzo

Lo spettacolo qui in oggetto, opera della scrittrice e drammaturga americana Emily Jenkins, è stato tradotto da Natalia di Giammarco, diretto da Silvio Peroni ed è interpretato da Mauro Lamantia e Margherita Varricchio.

In scena fino a domenica 3 ottobre, scrivo sin da subito che, in relazione alla sua altissima qualità, meriterebbe il caloroso sostegno di tutto il pubblico ammesso nelle sale teatrali in questi difficili tempi di limitazioni e contingentamenti.

2 giovani attori-1 uomo e una donna-2 corpi attorialmente pronti in tutte le componenti necessarie all’antica arte della trasmissione orale, nessun artifizio scenografico, molte “assi” vuote riempite da una gragnuola di personaggi- fatti vivere dai due professionisti di cui sopra- e una storia ricca, variegata, stracolma di odori e sapori evocati talmente bene da riuscire a diventare reali. Un ritmo narrativo che mi azzarderei a definire forsennato ma che non perde mai di precisione e di lucidità e una regia intelligente che riesce a combinare magnificamente, in un mix sempre più raro, il delicato dipanarsi della storia con il talento dei performer poetici impegnati uno sforzo fisico ed emotivo non indifferente.

In un piccolo centro sospeso tra terre da lavorare a colpi di mietitrebbia ed esercizi commerciali gestiti da uomini e donne semplici, 2 solitari preadolescenti, 2 anime segnate dalla rudezza di rapporti familiari complicati come nelle migliori tradizioni letterarie, si incontrano, si studiano e si avviluppano in un racconto di formazione degno delle avventure dei novelli Tom Sawyer e Huckleberry Finn.

Lui e Lei, Lei e Lui e tutti gli altri. Madri, padri, contadini e figli di contadini. Compagni di scuola glam-periferici, anch’essi preadolescenti, e assessori con la faccia che aumenta di volume come fa un palloncino che si gonfia progressivamente. Farmacisti, venditori di fish and chips e dentate signore cavallerizze improvvisate. Maestre di home schooling paranoiche e vicini un po’ troppo premurosi nell’aiutare le giovani vicine prematuramente vedove.

Bobby and Amy è Teatro che coniuga l’atavico gusto del condividere un racconto con uno stile fresco e scoppiettante. Al limite del pirotecnico.

Una dichiarazione non cercata, ma meravigliosamente ottenuta, di gioventù artistica eternata perché, ci raccontassero quello che vogliono, ci sono forme d’arte che sopravviveranno sempre e contro ogni disfattistica previsione ed il Teatro è la madre di queste forme d’arte. 

Mi ripeto, concludendo questa volta, consigliandovi di non perderlo.

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