Dalla collaborazione tra Accademia Filarmonica Romana e Teatro Argentina nasce la serie di iniziative organizzate per celebrare i 250 anni dalla nascita di Ludwig van Beethoven. L’integrale dei Quartetti per archi del grande compositore, pianista, e direttore d’orchestra tedesco, dopo l’avvio del ciclo lo scorso 5 dicembre con il Pavel Haas Quartet, prosegue il 6 febbraio con il Belcea Quartet, fra le formazioni da camera più prestigiose della scena internazionale. Esecuzione ulteriormente nobilitata dai preziosi strumenti, costruiti fra il Sei e l’Ottocento, suonati dai quattro musicisti.
I linguaggi dell’arte portano con sè caratteristiche comuni. Come il desiderio di raccontare storie e stati d’animo traducendo in termini intellegibili ciò che proviene dall’anima. Rendere comprensibile agli altri ciò che, talvolta, è difficile spiegare persino a se stessi. Il tempo, la memoria, il pensiero, l’etica. L’universo di emozioni e sentimenti che travolge l’uomo può essere afferrato e conosciuto attraverso l’arte. Attraverso la musica, ad esempio. Giovedì 6 febbraio, il Belcea Quartet esegue Ludwig van Beethoven, il Quartetto op. 59 n. 1 e il dodicesimo Quartetto, op. 127.
Un evento nato nell’ambito del progetto dedicato all’integrale dei Quartetti per archi del musicista tedesco e realizzato grazie alla collaborazione tra Accademia Filarmonica Romana e Teatro Argentina, sede dei concerti. Il Belcea è il quartetto residente della Pierre Boulez Saal di Berlino e alla Konzerthaus di Vienna. La violinista rumena Corina Belcea, che dà il proprio nome all’ensemble, ne è anche fondatrice assieme al violista polacco Krzysztof Chorzelski. I colleghi francesi Axel Schacher (violino) e Antoine Lederlin (violoncello) completano un sodalizio artistico tra i più importanti e premiati sulla scena internazionale.
A nobilitare ulteriormente la performance sublime dei quattro musicisti vi sono gli strumenti impiegati: Corina Belcea suona un violino Giovanni Battista Guadagnini del 1755, mentre Axel Schacher un violino Nicolas Lupot del 1824. Il co-fondatore del quartetto Krzysztof Chorzelski suona invece una viola Nicola Amati creata nel 1670 circa. Antoine Lederlin, infine, un violoncello Matteo Gofriller del 1722. Artisti straordinari che si avvalgono di antiche opere d’arte per interpretare uno dei più grandi della storia. Un evento unico a cui si è felici di aver assistito.