La Divina, commedia a stampo Zelig

La Divina, commedia a stampo Zelig

La Divina di Alessandro Fullin, al Teatro Sala Umberto fino al 22 gennaio, ha poco di divino e molto di terreno, proiezione nei gironi danteschi di tutto ciò che siamo in terra, tra frivolezze, imbarazzi ed ironie. Di angelicato c’è poco, di escatologico ancor meno, ma di sicuro ci si ritrova buona parte del modo di vivere di oggi, intessuto di lazzi e leggerezza, con il recondito invito a non considerare mostruoso l’altro da sé o dai propri standard.

Madri apprensive e figli omosessuali, coppie etero che cercano di accompagnarsi solo per sfuggire alla solitudine, muscolosi demoni e un attraente Caronte dagli occhi di bragia che infuoca un Dante sodomita, sono lì ad aspettare i sommi poeti.

Le scenografie, spoglie ma funzionali, di Sergio Cavallaro e i costumi di Monica Cafiero, sono la cornice di questa rivisitazione fatua del poema cardine della letteratura italiana portata in scena da Fullin, attore made in Zelig, insieme agli attori della compagnia Nuove Forme che, a passo di danza e a suon di battute gaie, ci accompagnano tra inferi e cieli.

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Tutto nasce dall’abolizione nel 2009 da parte di Papa Ratzinger del Purgatorio come luogo fisico. Da qui il tracollo delle vendite del poema dell’Alighieri che sceglie di tornare tra dannati e beati per prendere ispirazione e creare un sequel per i suoi canti, riorganizzando la suddivisione dei gironi per fare entrare invidiosi, accidiosi ed iracondi, da qualche parte tra Inferno e Paradiso, ora che il loro spazio naturale è stato abolito.

Di Beatrice il Dante dei nostri giorni non ne vuole sapere. Finalmente ha fatto outing e gira con una collana di perle, spaventato al pensiero di rivederla, invecchiata e ingrassata.

Beatrice, invece, non vede l’ora di incontrarlo. Lo standard di donna angelicata le ha imposto di aspettarlo ma quello che vorrebbe, in realtà, è solo fare sesso.

Chissà… magari tra le anime dannate qualcuno di single potrà pure trovarlo se Dante sceglierà di non cederle…

Questi, in sommi capi, i contenuti, di uno spettacolo da cabaret televisivo che parla in maniera leggera dell’omosessualità senza però offrire più approfonditi spunti di riflessione sull’argomento.

Le battute si succedono veloci, ironiche, collocate al punto giusto e ben interpretate dagli attori, strappando ampie risate nel pubblico, ma la Divina è appunto questo: una commedia da bagaglino, non la Divina Commedia del nostro comune immaginario.

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