Quella “Lettera al padre” firmata Gabriele Linari

Quella “Lettera al padre” firmata Gabriele Linari

Al Teatro Studio Uno arriva  Kafka

Un uomo nudo che grida il suo dolore, quel sottile rapporto di amore e odio per un padre che è stato motivo dispotico di un dramma psicologico lungo tutta una vita. Questo è Lettera al padre di e con Gabriele Linari. Alcuni secchi per terra, una scala aperta, una giacca nera con la camicia appese su un stampella, dei libri, quei dannosi, fantastici libri, gli undici “figli” di un autore che ha fatto grande la letteratura mondiale e che qui racconta la sua storia.

Gabriele Linari corre, si accuccia, si veste, respira affannato, talvolta sorride con una smorfia che sembra più di disappunto in verità; riflette, ricorda, esprime l’autore Kafka citando alcuni meravigliosi passaggi da La metamorfosi, disegnando l’aspetto mutato di questo grande uomo-insetto nel suo letto, con le sue nuove ali, la sua imprevista realtà.

Lo spettacolo in scena solo fino a stasera al Teatro Studio Uno è la rappresentazione delicata della lotta di un figlio nella difficile conquista di un padre tanto duro da divenire quasi chimerico: Kafka, in questa lettera che il padre non riceverà mai, è l’immagine cruda di un ragazzo divenuto ormai uomo, cresciuto e riconosciuto nel panorama culturale dell’Europa degli anni ’20 eppure alla costante ricerca di un contatto con questo padre altero e critico, freddo, scostante. “Io avrei avuto bisogno di qualche parola che mi facilitasse il cammino” gli sentiamo dire, una frase che si muove abbandonata e triste nella mancata risposta tanto desiderata.

Non c’è spazio per i sentimenti, sembra, in questo racconto. Il cuore viene schiaffeggiato continuamente dall’indifferenza, il figlio che chiede amore e non più di quello si sente invece rifiutato, non voluto.

Gabriele Linari percorre in un monologo senza tregua la titanica ricerca di uno spiraglio di luce che possa finalmente illuminare la strada, un punto di incontro che possa oltrepassare le ostilità e sciogliersi in un abbraccio. Nulla di tutto questo, Kafka (figlio) compete con l’altro Kafka (padre) e ne rimane schiacciato in un turbine di emozioni ben cadenzate da una musica puntuale che chiude in una morsa di tenerezza e sconforto.

Uno spettacolo in fondo dolcissimo, se vogliamo nostalgico, capace di mostrare le debolezze e le fragilità di un uomo disperatamente umano.

 

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