Dolce e amaro di una Napoli a tinte forti

Dolce e amaro di una Napoli a tinte forti

Dirompente, irriverente, crudo, distruttore di tabù, esploratore di abissi umani a caccia d’ingenuità nel disincanto, lascivo, irruente, romantico e brutale: tutto questo e molto altro si può dire dello spettacolo “Scende giù per Toledo” di Giuseppe Patroni Griffi, in scena al Teatro Piccolo Eliseo di Roma dall’11 al 29 aprile, diretto e magistralmente interpretato da Arturo Cirillo.

Scende giù per Toledo e va di fretta Rosalinda Sprint, è in ritardo col sarto e deve andare da Marlene Dietrich. Fra mezz’ora e quella non aspetta. Colpa della Camomilla Schulz”, scriveva Giuseppe Patroni Griffi nel romanzo pubblicato nel 1975.

Così comincia, nell’ambiente unico di una camera da letto dalle tinte forti e accese, strettamente corrispondente alla storia che va in scena, il monologo che abilmente narra le vicende trasgressive e coinvolgenti di un travestito napoletano, nome d’arte Rosalinda Sprint, femminiello partenopeo, prostituta stravagante e fragile, tratteggiata ora con ironia, ora con pietà, ma mai con maldicenza.

Cirillo è insieme Rosalinda e i personaggi di cui lei racconta e si dimostra bravissimo a destreggiarsi con i cambi di ruolo, nonostante si colga una predilezione per le figure femminili e un’attenzione maggiore al loro studio, forse intrigato dalla loro complessità.

Napoli, con il suo Vesuvio, le strade che portano sul lungomare, il suo carattere accogliente di città portuale, si staglia sullo sfondo della narrazione.

Rosalinda si sente donna ma è uomo, un’anima incastrata nel corpo sbagliato, è romantica ma vende l’amore, cerca comprensione ma trova cinismo, ama gli uomini, il sesso, i bei vestiti, le scarpe col tacco e guardare il mare, sognando l’estero e un amore vero. E’ figlia della sua famiglia ma anche della sua diversità. Tra le righe, così, scorre la storia che lega il suo senso più profondo all’infinita ricerca dell’amore.

Nel tempo di un’ora e mezza di questo monologo, questa figura ricca di contrasti, ambiguità palesi e latenti, esce fuori come una farfalla dal bozzolo, grazie alla poliedricità dei torni, tra ironia e dramma, delicatezza e crudezza, amore e morte, rompendo ogni tabù, mentre i concetti di solitudine e vicinanza si rincorrono nell’altalena del racconto, evocati quasi a passo di danza.

I particolari della vita sessuale di Rosalinda sono dipinti senza filtri, negli aspetti più scabrosi, descritti con naturalezza, così come non siamo abituati a sentirli pubblicamente raccontare, e al pari, si svelta al pubblico in maniera aperta e cristallina il suo animo gioioso e dolente insieme, marchiato di una napoletanità evidente, capace di scovare l’umorismo nel tragico in un duetto alterno tra carne e danza, passione e lutti (soprattutto interiori).

Lo spettacolo “Scende giù per Toledo”, potremmo azzardare, risulta al palato dello spettatore come una sorta di caffè dolce-amaro, dai toni forti che passano poi, improvvisamente, alla dolcezza, com’è tipico della cultura napoletana, capace di scovare colore e poesia anche nelle peggiori situazioni di miseria, addirittura nella descrizione di luoghi sporchi, così come nell’infierire degli eventi. Ogni cosa, raccontata con i colori partenopei, viene trasformata in poesia, in aneddoto che resta impresso, tra accoglienza, giudizio e scherno irriverente.

Eccezionale la prestazione fisica di Arturo Cirillo per l’uso del corpo fatto con maestria, oltreché per la colorata interpretazione che, nell’estrema difficoltà del pezzo, lascia emergere un’indiscutibile professionalità.

Un po’ scossi, stupiti, pieni di domande, lasciamo la sala convinti di aver assistito a una rappresentazione caravaggesca di efferata intimità e di iconica bellezza.

 

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