Piero Calamandrei, l’uomo del ponte.
Pietro Calamandrei

Piero Calamandrei, l’uomo del ponte.

Pietro Calamandrei

Pietro Calamandrei

20 Giugno 2013    di
Piero Calamandrei è l’uomo del ponte per via della omonima  Rivista che ha creato nell’aprile 1945 e diretto sino  al 1956 anno della sua scomparsa. Il ponte ideale è quello tra i valori del Risorgimento e quelli della Resistenza dopo la cesura del fascismo. Per chi conosce poco  Piero Calamandrei e,  specialmente per i giovani,  questa raccolta di piccoli e brillanti saggi di Paolo Bagnoli è un ottimo viatico. Il libretto “Piero Calamandrei, l’uomo del ponte, fuori|onda, 2012,   raccoglie cinque  saggi scritti in occasioni  e tempi  diversi  che ci fanno meglio conoscere la complessa e poliedrica figura di  Calamandrei: L’uomo del ponte; L’umanista civile; Libertà e giustizia: il contributo alla Costituzione repubblicana; una coscienza inquieta; la concezione della democrazia. Docente universitario e avvocato fu sempre anti-fascista – anche se  poi giurò fedeltà al regime . Ai suoi allievi (tra cui: Tristano Codignola, Enzo Enriques  Agnoletti, Carlo Furno e Paolo Barile) riuscì a trasmettere un grande impegno antifascista e fervido amore per la democrazia e la giustizia sociale. La democrazia è tale se è capace di essere “democrazia sociale” riassume Bagnoli. Da liberale era aperto ai diritti sociali . Nonostante che il fascismo avesse cercato di isolare il Paese,  Calamandrei dimostra di essere aggiornato con il pensiero democratico e sociale dei paesi democratici del Centro e Nord Europa. In particolare trovo molto forte l’affinità con le tesi di Beveridge che a lungo aveva  studiato i problemi della disoccupazione e del degrado sociale e civile che essa produce.  Secondo Paolo Bagnoli, c’era nella sua formazione una impronta radicale ma era più un liberale socialista che un socialista liberale. Di formazione liberal-democratica ma molto influenzato dalle teorie sociali dei coniugi Sidney e Beatrice Webb, nel 1942,  William   Beveridge, presentò   al Parlamento britannico  un Rapporto sulle assicurazioni sociali e connessi servizi che nel 1944, appena iscritto al partito liberale,  ripresentava come  un Manifesto  per il pieno impiego in una libera società. Il Manifesto vede la piena occupazione come presupposto essenziale  per lo stato sociale. Le indicazioni dei due documenti  saranno riprese e portate avanti dal Partito laburista  dopo la sconfitta di Churchill alle elezioni del 1945. Come ripetutamente sottolinea Paolo Bagnoli, Calamandrei voleva lo Stato promozionale, libertà e legalità o, meglio, giustizia e libertà perché se non c’è giustizia sociale non c’è legalità sostanziale e non si può attuare la libertà per tutti. Chiedeva l’effettiva attuazione della giustizia sociale come espressione genuina della libertà. È l’essenza di quello che in Europa chiamavano e chiamiamo il compromesso socialdemocratico. I diritti sociali come il diritto al lavoro, all’assistenza, alla casa, al riposo, all’istruzione gratuita per i meritevoli e bisognosi, ecc..  Dice Calamandrei che il problema non è quello di elencarli “quanto quello di  predisporre i mezzi pratici per soddisfarli, di trovare il sistema economico che permetta di soddisfarli”. “La funzione dei diritti sociali è essenzialmente quella di garantire ad ognuno, a integrazione delle libertà politiche , quel minimo di “giustizia sociale”, ossia, di benessere economico, che appare indispensabile a liberare i non abbienti dalla schiavitù del bisogno e a metterli in condizioni di potersi valere anche di fatto di quelle libertà che di diritto sono proclamate come uguali per tutti”. Il problema della libertà individuale e il problema della giustizia sociale sono un problema solo,  perché se non c’è libertà dal bisogno non ci può essere esercizio effettivo delle libertà politiche. La democrazia si traduce nel principio maggioritario ma ci sono limiti alla sovranità popolare, ossia, ci sono  questioni che non possono essere decise a maggioranza. La prima parte della Costituzione infatti prevede una insieme di diritti  che in parte sono di garanzia e in parte di programma. Eletto alla Costituente ne animò il dibattito su questioni particolarmente delicate. “Alla fine dei lavori, malgrado le tensioni, le incomprensioni e anche gli insuccessi – sottolinea Paolo Bagnoli – il grande giurista fu comunque soddisfatto, tant’è vero che scrisse: ‘i muri maestri ci sono: e sono muri che resteranno perché il popolo italiano li ha cementati colle sue lacrime e con il suo sangue. E’ vero che una Costituzione non basta da sé sola a difendere la libertà e dare impulso al progresso sociale, se non è animata dalla coscienza politica e dalla volontà del popolo…..’. Per essere più chiari, Calamandrei aveva  detto prima che la Costituzione si limita a indicare delle ‘promesse‘, che spetta allo stesso potere legislativo renderle concretamente operanti”. Purtroppo già in un discorso di celebrazione del terzo anniversario della Costituzione lucidamente Calamandrei doveva prendere atto che gran parte di quel vasto programma di grandi promesse era rimasto inattuato. Cosa dovremmo dire noi dopo sessantacinque anni? Se lo Stato siamo noi – come ha scritto Calamandrei – possiamo dire solo:  nostra maxima culpa.
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