PAROLA DI GICIEMME. DUE LIBRI CHE VALE LA PENA LEGGERE

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(15.12.09) In un'epoca di grande inciviltà due amici discutono civilmente di due autori – Guido Viale e Gianni Vattimo – che più lontani non potrebbero essere, e dei loro libri appena pubblicati. Un libro sull'ambientalismo, quello di Viale, molto valido ma presentato, alla Fiera della piccola editoria tenuta a Roma ai primi di dicembre, davanti a un pubblico di non più di venti persone. Per contrasto molto più affollata, sempre negli spazi della Fiera, la presentazione del libro di Vattimo, il filosofo del pensiero debole.  Debole nel pensiero, certo, ma forte nel sapersi vendere. Comunque, due interessanti indicazioni di lettura. O due idee non frivole di regalo da fare per Natale.
di Gian Carlo Marchesini e Alberto Rinolfi


Del ricco programma dei quattro giorni
della Fiera della piccola editoria ospitata nei giorni scorsi  al Palazzo dei Congressi di Roma, ho scelto di partecipare alla presentazione dei libri di due autori: Guido Viale e Gianni Vattimo. Del primo io penso farebbe molto bene a questo Paese nel ruolo e con la responsabilità di ministro per l’energia, la mobilità e l’ambiente perché studioso appassionato su questioni per il nostro futuro cruciali: la sostenibilità ambientale dei nostri stili di vita, del ciclo di produzione economico-industriale, della mobilità troppo sbilanciata sul totem auto, del trattamento e smaltimento dei rifiuti – insomma, esperto affidabile e serio per una riconversione necessaria e radicale che si può attuare soltanto attraverso la condivisione di beni comuni, la creazione di un nuovo spazio pubblico, la valorizzazione della dimensione  locale e dei saperi diffusi.  Il libro presentato, che io caldamente raccomando, è Prove di un mondo diverso. Itinerari di lavoro dentro la crisi (NdA editore). In esso Viale  sostiene la necessità vitale di un cambio di paradigma, ed è denso di proposte e suggerimenti di pratiche rispettosamente, responsabilmente, rigorosamente ambientaliste. Ebbene, malgrado l’importanza dei temi trattati, il profilo prestigioso dell’esperto e il curriculum dello studioso, ad ascoltarlo eravamo non più di venti persone. Temi troppo gravi e impegnativi? Autore non televisivamente popolare? Editore piccolo e non così conosciuto? Forse le tre cose insieme. Peccato per chi è mancato! Almeno ora compratevi il libro…     

Gianni Vattimo è stato protagonista in Fiera di una conversazione al Caffè letterario. Meltemi gli sta pubblicando l’opera omnia e, di recente, il suo ultimo libro Addio alla libertà. Noto come caposcuola del “pensiero debole”, Vattimo è in realtà un pensatore di cospicua, prolungata e impegnativa produzione. Cosa da lui ribadita anche durante la conversazione: pur senza enfasi e maiuscole, senza approdi finali e definitivi,  il filosofo si dichiara impegnato nella riscoperta e attualizzazione di Marx – al centro del suo prossimo libro – e favorevole una pratica del conflitto come garanzia di una tensione dialettica in assenza della quale tutto ristagna, degrada, regredisce.  Ma l’aspetto dell’incontro del filosofo con il pubblico che più mi ha colpito è un contrasto evidente tra l’immagine accademica del  pensatore e un linguaggio conviviale, scanzonato e scherzoso. Vattimo è apparso  persona allegra e perfino divertita che però  propone riflessioni di un pessimismo accorato e scoraggiante. Come se l’unica reazione possibile al cospetto di uno spettacolo desolante fosse una risata clownesca e lunare. Perché – sostiene Vattimo – così consumando e sprecando, presto, per il letale inquinamento, si va verso il collasso del pianeta. E il nostro Paese è ridotto – sul piano sociale ed economico, etico e politico – che peggio non si può. E per l’Europa, la diagnosi di Vattimo non è poi così diversa: finché rimane divisa e debole, litigiosa e inascoltata, sarà sempre a rimorchio delle grandi potenze,  delle conglomerate finanziarie e dei colossi multinazionali. Ora, non è che le cose non stiano nella sostanza così, solo che a sentirle raccontare da un Gianni Vattimo tradizionalmente serio, severo e perfino un po’ burbanzoso,  ora nelle vesti di un Sileno ricco di battute, aneddoti privati e paradossi giocosi, il risultato è sembrato un po’ surreale e spiazzante. L’unica parte del  pianeta in cui Vattimo ripone qualche speranza residua è l’America Latina,  Bolivia e Venezuela in particolare. Lì soltanto sarebbe in corso un esperimento di governo socialista socialmente positivo, al punto che quando qualcuno del pubblico interviene per sostenere che Chavez è un autoritario caudillo,  Vattimo ha reagito aspro e stizzito, gridando al malcapitato di togliersi le fette di salame dagli occhi. Dal pubblico un’altra voce si è levata per chiedergli conto della sua assenza dal No Berlusconi Day, e Vattimo ha risposto protestando un eccesso di presenzialismo da parte degli intellettuali,  lamentando di avere firmato negli ultimi mesi decine di manifesti e appelli. Tanto non servono a nulla! ha spiegato. Ma qualcun altro  gli ha ricordato che in passato gli intellettuali alla Moravia e Pasolini svolgevano un ruolo pubblico squisitamente politico e socialmente stimolante e critico, in quanto intellettuali organici al popolo molto più di quanto non siano gli intellettuali oggi. Non è stata infatti la manifestazione di sabato 5 dicembre frutto di auto convocazione da parte di  giovani appassionati quanto sconosciuti internettari? E a parte i partiti di opposizione, e neanche tutti, gli intellettuali dove pubblicamente erano? Vattimo ha allora ammesso una sostanziale latitanza dei suoi colleghi intellettuali, aggiungendo che tale eclissi riguarda anche le altre forme di rappresentanza istituzionale e organizzata della sinistra. E lì, vuoi al filosofo ricercatore di verità, vuoi al Sileno ridente e tutto sommato appagato e divertito del suo seggio di euro parlamentare a Bruxelles, il sorriso sulle labbra si è un po’ spento.

Caro Gian Carlo,
grazie per l'indicazione del libro di Viale sul cambiamento di paradigma, lo cerco. Lo faccio anche in omaggio  ai poveri orsi polari che stanno scomparendo. E' l'unica immagine degna di nota, apparsa questi giorni,  che mi è rimasta in mente.
Di Vattimo, non ti invidio, avrebbe fatto incazzare anche me. Mi ha sempre  convinto poco  il suo pensiero debole, così come il suo uso di termini come post-moderno che credo lui pensi  debba finire con la sua persona. Dopo al post,  cosa cavolo ti puoi inventare, un altro post?
Sono categorie che faccio molta fatica a distinguere dall'acqua fresca (fluida  o gassosa come l'aria fritta). Lo stesso vale per la sociologia della complessità che non si accorge di essere la più esplicita denuncia della sua incapacità di comprendonio (proprio nel senso di  mancanza di materia grigia).   Per come vanno le cose mi sembra quindi giusto e regolare che il buon Vattimo si sia beccato uno stipendio (e gli auguro anche le pensione) da parlamentare europeo e che dal vuoto del pensiero debole ritorni all'ottocento del vetusto e sempre in piedi Charlie Marx. Dal pensiero debole cosa vuoi che esca se non la nostalgia di una ideologia forte? Mi dispiace solo per Charlie, avrebbe meritato allievi migliori e più coraggiosi.
Per il resto mi sto concentrando sul linguaggio nascosto nei miti e nelle narrazioni religiose e su quello ancora da  esplicitare della fisica quantistica. In questo periodo per il mondo girano tante palle e inutili parole. Prima che le mie caschino definitivamente, mi sembra più proficuo ripartire dai punti ai quali è arrivata la scienza occidentale e da quelli ai quali era arrivata la cultura antica in occidente e in oriente. Tu mi prenderai per un pazzo scatenato, ma mi sto accorgendo che molte conoscenze che possono aiutarci oggi ad influenzare il corso degli eventi esistevano già in un tempo antico.  Molte conoscenze "strane ma attuali" sono state stravolte e in parte cancellate credo  dall'evoluzione della filosofia greca e dal concilio di Nicea. L'oriente è stato risparmiato da questi eventi e lì il sapere al quale mi riferisco ha continuato a essere presente nella vita quotidiana di qualche miliardo di umani. Da noi si è evoluto sul piano della scienza ed è andato oltre l'immaginazione del buon Einstein. Quasi nessuno è allineato col suo pensiero, figuriamoci quanto siamo lontani da quello che lo supera grazie al signor Plank. Come sempre  la teoria sociale viene dopo le scoperte scientifiche. Oggi il disallineamento è totale anche perché la religione, esauriti i suoi presupposti, non lega più le emozioni alla ragione. La volontà di potenza è quindi libera di agire in modo disumano, seguire solo il dio denaro (eurostipendi inclusi)  e fare un gran macello sul pianeta. Temo  che si debba fare in fretta, prima che il prossimo centro commerciale converta tutto il mondo alla sua religione. Con buona sfiga dei miei amici orsi bianchi e del ghiaccio che si sta sciogliendo sotto i loro piedi.  
Ciao, Carlo Alberto

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