LA BELLA PIAZZA. CRONACA DI UNA MANIFESTAZIONE DI DIGNITA’ E DI ORGOGLIO, DI GIOIA E DI RABBIA

(5.10.09) Chi è stato sabato a Piazza del Popolo ne ha ricavato impressioni difficilmente  dimenticabili.  Il grande spazio stracolma di gente appassionata eppure tranquilla, orgogliosa e seria ma anche creativa e scomposta,  esasperata ma gioiosa.  Anziani e giovani felici di manifestare insieme. Un'Italia “altra” da quella che, come dice Papi, vorrebbe essere come lui.  Un'Italia che essere come lui le farebbe solo ribrezzo.
di Gian Carlo Marchesini


Non vi dirò degli interventi di alto valore
anche in senso politico più generale dei Siddi, Onida e Saviano. Non vi riferirò delle testimonianze di rappresentanti del mondo delle professioni, dell’arte e della cultura. Non vi racconterò dei molti ed emozionanti contributi artistici seri e comici, poetici e musicali. Molte cronache ne hanno parlato, e le stesse trasmissioni in diretta ne hanno a sufficienza testimoniato. Cercherò invece di trasmettere e mi proverò a raccontare la straordinaria varietà e bellezza e intensità, la compostezza e la dignità, la forza, l’orgoglio e la determinazione che io ho sentito circolare in tutti i partecipanti. Io non ho mai visto Piazza del Popolo così completamente piena, e non solo la Piazza, ma ogni sua via d’accesso, e la contigua Piazza Flaminia fino alle rive del Tevere, e  la via che arrampica sinuosa alla terrazza del Pincio: tutto e dovunque affollato e rigurgitante di popolo in festa colorato e creativo, arrabbiato e scherzoso, esasperato e gioioso. Ho visto le generazioni di anziani, i sessantenni e i settantenni e oltre, carichi delle tante e gloriose stagioni di militanza ma non per questo domi, le tante barbe e capelli grigi, le facce piene di rughe ramificate e intense, gli sguardi felici di ancora una volta esserci. Ma ben presenti erano anche le nuove generazioni in coppia o in gruppi sciamanti, le famiglie con i bambini di tutte le età e pure in carrozzina. L’insieme fluttuante e straripante innalzava mille bandiere, moltissimi reggevano cartelli personalmente inventati, beffardi e sarcastici, in una festa della creatività e fantasia satirica di cui era bersaglio l’attuale transitorio premier, i suoi collaboratori e ministri.

Oggi ho sentito la passione del popolo della bella e larga sinistra, che a Roma è nettamente maggioritaria e che ha consentito l’ascesa al comune della destra non perché diventata minoritaria e in rotta,  ma per pura e comprensibile protesta nei confronti di certa sua insipiente e imbelle dirigenza. Il popolo delle grandi occasioni, quello della speranza e dell’attesa dei grandi e necessari rivolgimenti, quello del primo Cofferati e del girotondino Nanni Moretti, o dell’ultimo Veltroni al Circo Massimo. In questo popolo mi sono immerso, ho respirato e nuotato, tra mille immagini e simboli, cartelli e ingegnosi copricapi, magliette irridenti e fasce urticanti, tutte personalizzate, tutte espressive di una indignazione, di uno spirito e capacità di ribellione, di un  rifiuto radicale di questa attuale insopportabile situazione. Mi sono dissetato e nutrito di questa marea di corpi in febbrile armonica agitazione, tra questa migliaia e migliaia di fisionomie così diverse e particolari, così convergenti e indomite, tutte unite nella condivisione di desideri e bisogni, di sentimenti ed emozioni, di affermazione di  senso e di scopo.
Dice che eravamo oltre trecentomila: certo è che grida e fischi, cori e applausi e battimani nei passaggi migliori degli interventi raggiungevano una intensità così forte da sembrare tuoni, scosci e boati.  E non ho mai sentito un silenzio così solenne, partecipe ed emozionato come quello dedicato alle vittime del disastro di Messina. Io credo che difficilmente l’insieme di un popolo, in sé e in partenza eterogeneo e diviso e variegato, raggiunga una tale tensione potente, una tale manifestazione di energie così esplicite, una determinazione così perentoria nell’invocare, esigere e reclamare un cambiamento radicale nella conduzione della cosa pubblica.

C’è chi ci vuole deboli e divisi, spettrali e catatonici prigionieri di un eterno reality, ectoplasmi inconsistenti, claque demente e pura cornice di un perenne televisivo show. La piazza grande, un magnifico sole che splende, folate rinfrescanti di romana brezza ponentina, un unico grande palco pubblico di cui il popolo è protagonista: e dal palco nessun politico di professione che parla, ma ragionamenti limpidi e concreti di persone competenti e oneste, artisti veri che alzano la loro voce contro l’inautenticità di un potere vampiresco e letale. Ecco, questa è stata per me Piazza del Popolo il pomeriggio di sabato scorso. Un immenso corpo carnale e mistico, etico ed estetico, che più esplicitamente, altamente  politico di così proprio non si poteva.

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