SULLA POLITICA ECONOMICA DEL GOVERNO MONTI

(22 novenbre 2011) Il Governo Monti certamente è una svolta politica molto significativa dal punto di vista dell’immagine. Mario Monti ha tutti i numeri per tentare di restituire al governo italiano l’autorevolezza e la credibilità che servono in questo difficile momento per cercare di affrontare i gravi problemi che affliggono l’Italia, l’Europa ed, in varia misura, il resto del mondo. In questo post, intendo occuparmi solo della linea di politica economica come si profila in questi primi giorni di vita del governo. Non c’è al momento forte discontinuità con la linea di politica economica del precedente governo. E questo è un elemento preoccupante. Ha mantenuto l’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013. Olli Rehn due settimane fa ha detto e confermato che nel 2013 il deficit sarà del 2,3% e che le previsioni di crescita sono state riviste al ribasso dallo 0,5 allo 0,1. Secondo me, se il governo Monti dovesse insistere per una 5° o 6° manovra nel 2011 rischierebbe di assestare un colpo mortale all’economia italiana. Se il governo Monti dovesse dare la priorità alle riforme liberali concordate dal precedente Governo con La BCE e non trovare le risorse per aumentare gli investimenti pubblici, si insisterebbe in una politica che si limita ad auspicare la crescita ma che non fa niente di concreto per farla arrivare. Infatti se fatte sul serio, le riforme liberali concordate potrebbero avere effetti verso il 2017. Lo ha confermato anche il Nobel per l’economia Stiglitz nei giorni scorsi presente in Italia per un seminario. Dette riforme non servono per il breve termine, ossia, per il 2012. Per quello che è dato di capire fin qui si parla di un programma di infrastrutture da finanziare con il project financing che in Italia – per inciso – ha funzionato poco. Secondo me, non c’è barba di Passera che possa finanziarlo alla grande e che possa esonerare lo Stato dall’intervenire. Nel suo discorso al Senato il Presidente Monti non ha detto gran che per il SUD tranne la nomina di Barca non si capisce se mantiene o modifica quello che Tremonti ha scritto nella legge di stabilità: il governo Italiano si chiamerebbe fuori dal cofinanziamento dei fondi strutturali. Quindi ben vengano le citazioni per le donne e i giovani ma non vedo niente di concreto – almeno fin qui. Solo buoni propositi. Non vedo come il governo possa creare nuovi posti di lavoro.

Rigore equità e crescita è un bel trittico ma io preferisco il quadrato magico delle politiche keynesiane: crescita, piena occupazione, stabilità, e equilibrio nei conti con l’estero. Se non c’è una svolta nella politica economica, sicuramente avremo molto rigore, probabilmente un po’ di equità ma la crescita resta lontana all’orizzonte. Certo ci sono gli impegni assunti a livello dell’Unione e internazionale ma contrariamente al senso comune, alla c.d. saggezza convenzionale, la priorità oggi dovrebbe andare alla crescita dell’economia e dell’occupazione. Serve ovviamente il rigore nella gestione della cosa pubblica per combattere la corruzione, l’evasione e l’elusione fiscale. Non mi faccio illudere sull’equità per il semplice fatto che con l’attuale funzionamento delle istituzioni l’equità non è alla portata di mano nel breve termine. Il prof. Monti sa bene che si può fare equità innanzitutto con la crescita, ossia, utilizzando la funzione allocativa del bilancio pubblico. Come? Creando nuovi posti di lavoro, cercando di accorciare il deficit infrastrutturale delle regioni meridionali rispetto a quelle del centro-Nord, assegnando ai Comuni fondi vincolati per il riassetto del territorio. I recenti disastri della Liguria e della Toscana non insegnano niente? Quante volte si debbono ripetere prima che il governo decida di agire? Eppure è questo tipo di interventi che darebbe segnali e potrebbe avere effetti immediati molto più rapidi degli investimenti nelle grandi infrastrutture che hanno tempi inevitabilmente lunghi. Ancora una osservazione sull’equità. Il PdL ha messo già il veto sull’imposta patrimoniale. Non ha a caso, Monti non ne ha parlato nel suo discorso. Ma ha confermato il proposito che era anche del precedente governo di abbassare le imposte sul lavoro e sulle imprese. Se questa operazione – come sembra – dovesse essere effettuata con l’aumento delle imposte indirette, allora non ci saranno o si restringeranno gli spazi per una redistribuzione progressiva o addirittura si potrebbe attuare una redistribuzione regressiva. Forse è troppo presto per dare giudizi definitivi ma se è vero che la bella giornata si riconosce dal mattino, i primi segnali francamente non mi sembrano molto incoraggianti. Ma oggi il Presidente Monti parte per Bruxelles per un primo giro di consultazioni con i vertici dell’Unione, Con la Signora Merkel e con il Presidente Sarkozy. Io non so cosa va a dire o a chiedere Monti ai suoi collegi europei. So quello che andrei a chiedere io se fossi al suo posto. Partirei dalla previsione circa la difficoltà di conseguire il pareggio di bilancio nel 2013 e chiederei il consenso per un’operazione di stampo keynesiano. Aumentare di 1-2 punti di PIL il deficit per lavori pubblici immediatamente cantierabili con effetti rapidi sull’economia per sostenere la crescita non nel medio termine ma nel 2012. Fior di osservatori internazionali sostengono come me che la linea del rigore e dell’austerità a livello europeo è suicida. L’Italia che il deficit più basso di altri importanti paesi ha i numeri per cercare la crescita qui ed ora. Solo in questo modo si potrà rendere più realisticamente perseguibile l’obiettivo della riduzione del debito pubblico. Con il governo Monti l’Italia ha anche le persone adatte per tentare questa sfida.

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