SCESA SOTTO LA TAVOLA LA CREDIBILITA’ DELL’ISTAT

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L’Istat si sbaglia a calcolare perfino i prezzi praticati all’interno delle proprie mense. La cosa in sé potrebbe sembrare di importanza relativa, se non venisse a suggellare con la prova dei fatti l’impressione che chiunque si è fatto in questi anni leggendo i comunicati sull’inflazione “ufficiale” mentre si toccava il portafoglio vuoto: l’Istat non è credibile…

Apprendiamo da un comunicato stampa dell’Unione Sindacale Italiana/Sindacato Nazionale Lavoratori della Ricerca affiliato alle Rappresentanze Sindacali di Base, che qualche giorno fa, l’Istituto Nazionale di Statistica ha pubblicato sul suo sito web l’elenco dei prezzi di cibi e bevande praticati ai dipendenti nelle tavole calde attive all’interno delle proprie sedi romane. Ma c’è un problema…

Secondo quanto pubblicato dall’Ente, per un primo occorre spendere mediamente 2,50 euro (dai 2 euro di pasta/riso al pomodoro ai 2,70 euro per lasagna, cannelloni, ravioli o tortellini) e per un menù completo (un primo, un secondo, un contorno, l’acqua ed il pane) occorrono 5,50 euro.
Ma i dipendenti Istat sanno che la realtà dei prezzi è, a dir poco, diversa: un piatto di pasta/riso al pomodoro costa 2,70 euro (cioè il 35% in più di quanto l’Istat scriva sul suo sito); un secondo piatto 3,30 euro (+10%); un contorno 1,90 euro (+19%). Per un pasto completo (primo, secondo, contorno, pane ed acqua), la spesa ammonta a 8,60 euro (il 56% in più rispetto ai 5,50 suddetti).
Sarà una svista? Può darsi, ma anche se fosse, dimostra che l’Istat non riesce ad evitare le polemiche sui prezzi neppure all’interno della sua tavola calda. Come si pretende che possa far fronte alle quotidiane accuse che gli vengono mosse sulla credibilità del tasso di inflazione?

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