LE PENSIONI? METTIAMO TUTTI ALLA PARI, OPERAI E DEPUTATI. QUESTO SAREBBE IL SEGNO VERO DI UNA SVOLTA

Il dibattito su politica e antipolitica rischia di avvitarsi su se stesso tra le volgarità gratuite dei lanciatori di vaffa e il muro di gomma della casta, che finge di voler cambiare tutto per lasciare tutto come prima. Eppure lo scandalo dei privilegi spropositati esiste, e non può essere esorcizzato sostenendo – come sempre – che i problemi veri sono altri. Di qui la proposta provocatoria: al momento di approvare l'accordo sulle pensioni – che eleva, sia pure in misura graduale, l'età di pensionamento per tutti i lavoratori – i parlamentari abbiano il coraggio di rinunciare ai loro privilegi e di rientrare nel regime di previdenza generale. Mettere il deputato alla pari con l'operaio sarebbe un grande esempio di moralizzazione della politica. E un segnale che si vuole veramente cambiare
Intervento di Silvano Miniati, segretario generale della Uil Pensionati

Il dibattito sui costi della politica oscilla paurosamente tra la rissa e l’avanspettacolo, con tanti che nelle vesti del bue lanciano l’accusa di cornuto all’asino. Costi della politica significa tutto e nulla, ma è ovvio che a richiamare soprattutto l’attenzione dei cittadini sono le inefficienze, le arroganze e gli assurdi privilegi di cui beneficiano i politici e gli amministratori pubblici. Ecco dunque che il dibattito sui costi della politica si intreccia con quello sull’antipolitica.

Esistono ancora oggi, infatti, tantissimi privilegi grandi e piccoli, a rigor di logica non catalogabili alla voce costi della politica, ma che proliferano e si rafforzano proprio all’ombra di questa politica.
Tra questi, spiccano senz’altro i molti vantaggi di cui ancora godono deputati, senatori, parlamentari europei e consiglieri regionali. A loro, che spesso si dichiarano vittime di attacchi ingiustificati, indichiamo una strada non tortuosa per rispondere alle critiche. Si impegnino solennemente a rinunciare ad ogni trattamento particolare di natura previdenziale, decidendo che anche per loro dovrà in avvenire valere la normativa generale, comprese le modifiche previste dall’accordo del 23 luglio.
Come Uil Pensionati chiediamo da anni regole uguali per tutti, per garantire che, a parità di contributi versati e di anni di lavoro, in qualsiasi comparto del mondo del lavoro corrisponda la medesima pensione. Si devono, cioè, uniformare tutti i requisiti e i sistemi di calcolo.
 
Non è accettabile che ancora oggi un parlamentare italiano possa andare in pensione con un numero di anni di contributi molto inferiore a quello dei lavoratori dipendenti e autonomi e con un metodo di calcolo assai più vantaggioso.
Non era accettabile ieri ed è ancor meno accettabile oggi, dopo l’accordo del 23 luglio, che eleva sia pur gradualmente l’età pensionabile e che il Parlamento sarà tra breve chiamato a trasformare in norma di legge. Elevamento dell’età pensionabile che, peraltro, continua ad essere al centro del dibattito previdenziale e che continua ad essere considerato, a proposito e a sproposito, una delle necessità imprescindibili della nostra economia.
 
Al momento in cui si approverà l'accordo sulle pensioni, decidere che almeno in materia previdenziale si è uguali a tutti gli altri cittadini, sarebbe il primo passo per sconfiggere l’antipolitica e, soprattutto, per cercare di far diventare il nostro un Paese davvero normale.
I seri problemi dell’Italia, infatti, non si risolvono né con le buone promesse e neppure con i ‘Vaffa’, ma con decisioni giuste su aspetti importanti come sono quelli previdenziali.

 

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