UNA DEMOCRAZIA A DUE PASSI DAL CAIMANO

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Anche dopo che si è sgonfiata l’accusa di
brogli Berlusconi non vuole ammettere la sconfitta (“non ci sono né
vincitori né vinti") e insiste sul decreto che dovrebbe, secondo lui,
aprire la strada a un assurdo riesame delle schede nulle e non
contestate. "Comunque si concludano i conteggi ufficiali del risultato
elettorale e chiunque si veda attribuire il consistente premio di
maggioranza alla Camera, le cose non cambiano". Come sconfitto non si
mette a disposizione dei vincitori per eventuali intese, cosa che
sarebbe perfettamente legittima: le pretende. A questo punto non si può
non dar ragione a quanti hanno detto, in epoca non sospetta, che
Berlusconi se ne sarebbe andato da Palazzo Chigi solo se costretto a
fuggire con l’elicottero. La violenza di questa reazione lascia
pensare che la soluzione uscita dalla consultazione elettorale
del 9-10 aprile potrebbe essere, per parafrasare Terzani, un "ultimo
giro di giostra" per la democrazia in Italia. Il problema è capire se
il centrosinistra sarà capace di approfittarne. In caso contrario,
l’Uomo è pronto a ingoiare l’Italia con un solo boccone

di Gino Nobili

Personalmente non ho avuto il coraggio di vedere "Il Caimano" di
Moretti prima delle elezioni: scaramanzia, se volete. Ma l’ho visto
dopo ed è stato peggio, alla luce di quello che è successo dopo il
voto. Il finale agghiacciante, se a chi lo guardava sabato 8 poteva
sembrare grottesco, per chi lo guarda mercoledì 12 risulta
sinistramente profetico. Non si era mai visto, infatti, nel mondo
occidentale moderno, un premier sconfitto che rifiuta di riconoscerlo,
denunciando brogli e minacciando di ricorrere, per un riconteggio dei
voti che è vietato dalla legge, a un decreto legge apposito che
esulerebbe dalla gestione corrente e quindi non sarebbe legittimato ad
emettere, e che il Capo dello Stato non potrebbe quindi controfirmare.
Il tutto, dichiarando testualmente "il risultato deve cambiare". Ipse
dixit.

Il fatto è che Berlusconi è superiorem non recognoscens, intrinsecamente
totalitario per sintassi dei propri pensieri, e non formalmente tale
solo perchè ciò non è consentito e/o reso necessario dalle circostanze.
In altri termini, la sua stessa strategia non ha (ancora) previsto la
presa del potere e il suo mantenimento con la forza solo per una
questione di calcolo costi/benefici dell’operazione, non perchè sia
fuori dall’orizzonte degli eventi per lui eticamente ammissibili.


Parole forti? Forse.
Ma dopo la demonizzazione occhettiana andata male
si è affermato a sinistra un principio assiomatico: "non attacchiamolo
troppo che facciamo il suo gioco". 12 anni di fair play verso una
figura che avrebbe suscitato l’ostracismo assoluto in qualsiasi altra
democrazia del mondo, e in cambio abbiamo avuto la campagna elettorale
più velenosa e demagogica della storia occidentale: falsità, attacchi
scorretti, promesse tanto assurde quanto efficaci, cambiamento delle
regole in corsa, e mancata accettazione della sconfitta arrivata
proprio grazie a quelle regole (la dea Nemesi non poteva fare di
meglio). Manca solo che aizzi la sua Vandea per le strade (su Internet
lo ha già fatto: www.ricontiamo.com è crollato per troppi accessi!!!).

Invece a mio modesto avviso si è fatto un grave errore, ripetuto nel
tempo: nel 1993 si doveva impedirgli di candidarsi se  prima non avesse
ceduto la concessione governativa delle sue reti televisive (una legge
del 57 lo imponeva e lo impone); nel quinquennio 1996/2001 non solo non
si è varata la legge sul conflitto di interessi ma lo si è aiutato con
la vicenda della Commissione bicamerale; adesso si è commesso il tipico
errore di sinistra di non rispondere ai suoi messaggi semplici e
diretti se non con argomentazioni dotte e articolate: togliere l’Ici
sulla prima casa non è "senza copertura finanziaria" semmai è ingiusto
perchè favorisce i ricchi che hanno case costose al centro, all’accusa
di essere il partito delle tasse non si risponde "non è vero, noi
ridurremo il cuneo fiscale" ma "tu ti vanti di aver ridotto le tasse
invece le hai aumentate, noi invece le ridurremo davvero", il luogo
comune dell’Euro non si controbatte con la "deriva argentina" ma con
"immagina solo quanto sarebbe costata la benzina col petrolio a 70
dollari al barile senza l’euro a difenderci".


E questo ci porta al vero grande problema
di questa Italia: una
strategia trentennale, parallela a quella politica e ad essa
propedeutica, con la televisione come strumento principale, ha
enormemente e scientemente ampliato la fascia di popolazione che si
crogiola nella propria incultura. E’ gente che alle europee e alle
amministrative neanche ci va, a votare, ma che toccando le chiavi
giuste si riesce a mobilitare quando serve. Ci è mancato un niente
perchè la cosa non costasse carissimo a tutto il Paese (anche a loro,
che però non se ne rendono conto…). La prossima volta non saremo
perdonati. Occorre una "strategia di rientro", duplice: a breve
termine, bisogna riaprire a pagina 2 il manuale di Comunicazione e
imparare a diversificare i messaggi che si mandano a seconda del target
a cui sono diretti (smetterla, cioè, di parlare solo ai propri, agli
acculturati, alle persone che ragionano con la testa, e rivolgersi
anche e talvolta soprattutto agli altri, ai semplici, a quelli che
ragionano con la pancia); a lungo termine, bisogna avviare un percorso
uguale e contrario alla "teledipendenza", che riduca negli anni la
percentuale di persone che non vogliono o non possono capire un
ragionamento complesso o decodificare un ragionamento demagogico.


Nel frattempo occorre governare bene,
per quanto i numeri lo
consentiranno. Occorre che domani, anzi meglio "ieri", Prodi chieda e
ottenga dai propri alleati due o tre anni di assoluta disciplina:
decido io, e voi in pubblico non fiatate – se avete qualcosa da dirmi
fatelo prima, e privatamente. Tutto lascia credere che il centrosinistra non avrà altre occasioni.

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