FINANZIARIA ’06: CON I DISTRETTI PIU’ DI 10 MILIARDI REGALATI ALLE IMPRESE. A SPESE DELL’ERARIO

articolo


I
“distretti produttivi” inventati dalla Finanziaria rischiano di essere
soprattutto un cavallo di Troia per incentivare la fittizia produzione
“contabile” di perdite. Le previsioni dell’art.53 consentirebbero
infatti di scaricare sulla nuova curiosa entità le perdite che per
motivi vari non possono essere compensate dalle singole imprese. Con
effetti sconvolgenti per le entrate tributarie
Articolo di Antonio Di Majo

In
quasi tutti gli ordinamenti tributari le perdite delle imprese possono
in varia misura essere utilizzate per ridurre il carico tributario
altrimenti dovuto. Il caso più diffuso è il cosiddetto riporto delle
perdite  (“carry-over” in inglese) che consiste nel
portare le perdite di un anno in diminuzione degli imponibili degli
anni successivi (o precedenti), talvolta senza limiti temporali, altre
volte invece entro un certo numero di anni  (scaduto tale termine
le perdite non possono più essere utilizzate). L’altra possibilità (non
sempre coesistente con  quella precedente) è quella del “loss offset”, 
ossia dell’utilizzo della perdita di un’attività nel pagamento delle
imposte dovute su un’altra attività (nello stesso periodo di imposta):
esempio tipico è la tassazione di gruppo (da poco introdotta anche in
Italia), per cui le perdite di una società possono essere  portate
in riduzione dell’imponibile di un’altra società (in utile) dello
stesso gruppo. Esistono diverse modalità tecniche per l’utilizzo delle
perdite, per cui l’entità di riduzione dell’imposta dovuta è diversa
nei vari casi, ma l’istituto ha sempre l’effetto di attenuare, in
qualche modo, il debito di imposta. Questo meccanismo non sempre però è
in condizioni di funzionare. Ed è qui che interviene la nuova
escogitazione della Finanziaria… 


Perdite non sempre "utilizzabili"

I
dati dell’Anagrafe tributaria (relativi all’ultimo anno di imposta
disponibile,  il 2001) mostrano che le perdite dichiarate da
quasi ottocentomila imprese (di tutti i tipi: società di capitali,
società di persone, imprese individuali) ammontavano a circa 55
miliardi di euro (oltre centomila miliardi delle abolite lire).
Certamente parte di queste perdite saranno state utilizzate ( in “carry
over” e “loss offset”), ma non tutte, a causa di limiti di  vari
limiti (incapienza, scarsa diffusione dei gruppi, ecc.). Se supponiamo
che solo un terzo delle perdite venga effettivamente utilizzato e che
l’aliquota media che consente di misurare il beneficio sia
prudenzialmente ipotizzata nel 20 per cento (anche se l’ammontare
riferibile alle imprese non società di capitali è solo il 10 per cento
del totale), il gettito annuo non dovuto risulterebbe di “soli” 3,6
iliardi di euro.

Idea, un nuovo soggetto d’imposta
Un
bello spreco rispetto alle potenzialità! Se tutte le perdite fossero
utilizzabili (valutate sempre con la stessa aliquota, prudenziale del
20 per cento), le imprese “risparmierebbero” 11 miliardi di euro! Cosa
si può fare ? Una via è quella della maggiore diffusione dei gruppi, ma
non è detto che essi  possano essere costruiti solo in funzione di
questa esigenza. E allora ci dovrà pur essere qualche altro modo di
“valorizzare” le risorse rappresentate dalla ingente “produzione”
annuale di perdite. Ma sì. Inventiamo un soggetto di imposta
artificiale, che possa rappresentare la “stanza di compensazione” di
perdite e utili di imprese non altrimenti collegate.
L’articolo 53
della legge finanziaria fornisce la soluzione. Questo articolo è
dedicato ai “Distretti produttivi” che, come è noto, hanno svolto un
ruolo molto importante nella crescita della struttura economica del
nostro paese. Questa funzione l’hanno svolta, peraltro, senza essere,
fino a poco tempo fa, “insaccati” in alcuna formula giuridica. Ora,
invece potranno costituirsi “quali libere aggregazioni di imprese
articolate sul piano territoriale e funzionale”, con decreto del
Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con altri ministri,
ecc. (come recita il citato articolo). Ai distretti, sempre secondo la
legge finanziaria, si applicano alcune disposizioni fiscali.
Fondamentale quella che segue : “Le
imprese appartenenti a distretti possono congiuntamente esercitare
l’opzione per la tassazione di distretto ai fini dell’applicazione
dell’imposta sul reddito delle società”.
Inoltre : “la ripartizione
del carico tributario tra le imprese interessate è rimessa al
distretto, che vi provvede in base a criteri di trasparenza e parità di
trattamento, sulla base di principi di mutualità”. Il comma 2
dell’articolo in questione prosegue con altre importanti disposizioni
fiscali ( tra cui la possibilità di utilizzare il concordato di
distretto!).

I nuovi distretti, meglio delle "bare fiscali"

Non
voglio in questa sede discutere tanti aspetti di questa bizzarra
regolamentazione. Certo che la titolarità dell’imposta “personale”
sulle società possa essere attribuita a una curiosa entità giuridica
(da poco inventata) come il distretto è  qualcosa che dovrebbe far
riflettere approfonditamente i nostri giuristi dei tributi
(prescindendo dai loro legittimi interessi professionali). In questa
sede voglio però considerare solo le possibili implicazioni di questo
articolo sull’utilizzo delle perdite. Se la formazione “giuridica” dei
distretti non sarà improntata a criteri  più che
restrittivi,  l’entità attuale, corrispondente ai 49.4 miliardi
del 2001, di perdite realizzate dalle società di capitali rientra in
gioco e rende molto conveniente la costituzione del distretto
giuridico. Infatti esiste la possibilità di ottenere un guadagno
potenzialmente valutabile nel 33 percento (aliquota IRES) delle
perdite, ossia, sempre secondo i dati del 2001, circa 16 miliardi di
euro. Si può comprendere che il commercio un tempo realizzato
attraverso le “bare fiscali” (società in perdita da fondere con società
in utile) si potrà in questo modo sviluppare molto più semplicemente e
lucrosamente. Immagino che ci saranno ricche commissioni per
l’intermediazione (gli organi del distretto?) e buoni ricavi per i
titolari delle perdite. Tutti contenti, salvo l’Erario che rischierà
una perdita aggiuntiva di 16 miliardi di euro annui di gettito, e 
coloro che saranno chiamati a  compensare il “buco” (i soliti
contribuenti a reddito fisso?).
Naturalmente si potrebbe
rispondere che le perdite rappresentano un’eccezione, dovuta a
congiunture sfavorevoli, ed è proprio per questo che bisogna aiutare
l’assunzione di rischio con la “compensazione delle perdite”. Ma i dati
dell’anagrafe tributaria italiana purtroppo smentiscono queste teorie:
da quasi trenta anni quasi la metà delle società di capitali dichiara
costantemente perdite, quale che sia la congiuntura, e senza che
seguano fallimenti e bancarotte. Una norma, come quella dell’art. 53
della finanziaria, rischia, nelle condizione effettive degli attuali
controlli fiscali, di incentivare la mera produzione “contabile” 
di perdite, il cui rendimento potrebbe dimostrarsi cospicuo. (17.11.05)

N.d.r.
Nella frase "una perdita aggiuntiva di 16 miliardi di euro" dell’ultimo
paragrafo ("I nuovi distretti meglio delle bare fiscali") per un refuso
il dato numerico è stato riportato erroneamente. La frase va quindi
letta: "una perdita aggiuntiva di più di 10 miliardi di euro".
(18.11.05) 

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