Dal 24 al 27 aprile, presso il teatro OFF/OFF di Roma, è andato in scena “The Real Hamlet”, nella sua prima edizione datata 1603 e mai andata in scena in Italia. Per come lo conosciamo, l’Amleto che ci presenta Patrizio Cigliano che, oltre ad interpretare lo stesso Amleto, ne cura anche la regia e l’adattamento, si mostra a noi in una veste più asciutta e stringata.
Gli altri attori che si muovono sulla scena prendendo le sembianze di tutti i personaggi della tragedia shakespeariana più famosa di sempre sono: Giulia Ricciardi nel ruolo di Gertrude, Nicolò Scarparo nei panni di Re Claudio, Nicola Marcucci interpreta Polonio, Sebastian Gimeli Morosini Orazio, Gigi Palla Rosencrantz, Cristiano Arsi Guildestern, Laura Marcucci Ofelia e Luca Giacomini Laerte. La messa in scena è impreziosita dall’interpretazione sonora di Gigi Proietti dello Spettro e dall’intervento della voce di Leo Gullotta, che come fosse uno Shakespeare contemporaneo, interviene con alcune riflessioni sulla storia.
Gli interpreti si muovono sulla scena con decisione e un ritmo proprio di una narrazione che ci appare, da subito, più dinamica ed essenziale. Gli elementi di costume, curati nel dettaglio da Paola Tosto, sono pochi ma importanti per permetterci di riconoscere i diversi cambi di personaggio che gli interpreti compiono. Le musiche originali di Giacomo Del Colle Lauri Volpi intervengono a sottolineare e a ben dividere i momenti emotivi da quelli di azione pura. Gli attori, che si spogliano di un costume per indossarne un altro tagliando la scena da una parte all’altra, sembrano le pedine di un gioco da tavolo in cui, fino alla fine, non è chiaro chi vincerà. Sul fondo un telo bianco che divide la scena e sul quale sono proiettate incisioni antiche che prendono vita grazie ai contributi video di Giuliano Emanuele. Le azioni si susseguono incalzanti in un climax che si fa sempre più tagliente. Gli interpreti sono sempre in scena e quando l’azione non riguarda direttamente loro siedono su delle sedie ai lati del palco e seguono con attenzione la scena. Ad una prima analisi, questa versione di Amleto ha i ritmi di un’opera pop, più vicina ai giorni nostri. Eppure, nonostante l’impianto scenico strizzi l’occhio alla contemporaneità, non lo fa il tipo di recitazione scelta. In sottofondo si percepisce una formalità della parola e un modo di portare l’interpretazione verso una verbosità e un pathos eccessivi. I testi shakespeariani sono tutt’altro che noiosi e ampollosi, sono azione pura e richiedono una recitazione fresca e naturale.