Dalì a Roma, l’arte e l’artista

“Un grande pittore ha il diritto di riprendere la tradizione solo dopo aver attraversato la rivoluzione, che altro non è che la ricerca della propria realtà”: con queste parole di Èlie Faure, Salvador Dalì chiudeva il catalogo della sua prima mostra a Barcellona, indicando da subito il punto di partenza ed il fine ultimo del proprio percorso artistico.

Elementi enigmatici in un paesaggio © Salvador Dalì

Inaugurata al Museo del Corso – Polo Museale Palazzo Cipolla a Roma lo scorso 17 ottobre, la mostra Dalí. Rivoluzione e Tradizione ripercorre la vita e l’estetica del maestro spagnolo in un dialogo costante tra la sua arte, quella dei suoi predecessori e dei contemporanei.

L’esposizione visitabile fino al 1° febbraio 2026, realizzata dalla Fondazione Roma, in collaborazione con la Fundació Gala-Salvador Dalí, con il supporto organizzativo di MondoMostre e con il patrocinio dell’Ambasciata di Spagna, percorre alcuni momenti della produzione artistica di Dalì con oltre sessanta opere tra disegni, dipinti ed estratti audiovideo dalle quali è possibile affacciarsi all’universo espressivo di un artista che ha segnato la storia dell’arte spagnola ed internazionale.

Nato nel 1904 a Figueres, cresciuto in una famiglia alto borghese, con un rigido padre avvocato e notaio ed una madre più desiderosa di agevolare l’attitudine artistica di Salvador, il giovane Dalì frequenta l’Academia de San Fernando a partire dal 1922. Dalla stessa fu poi espulso nel ’26 quando afferma che nessuno dell’Accademia era così competente da poterlo esaminare.

Vicino a Picasso e Mirò, la produzione artistica di Dalì tocca diverse arti: collabora ad esempio nel 1929 con Luis Buñuel al cortometraggio Un chien andalou. Quell’anno conosce Gala, sua futura moglie e musa. Si accosta profondamente al Surrealismo di cui diviene uno tra i massimi esponenti.

 

Dalì visto di spalle mentre dipinge Gala. Opera stereoscopica © Salvador Dalì

 

Il percorso della mostra racconta soprattutto la personalità eccentrica di Dalì, la forza e l’esuberanza di un modo unico di ricercare facendo arte, l’ambizione di diventare un classico. Emerge prepotente il contatto con artisti quali Velázquez, Vermeer e Raffaello che dichiara essere da subito fonti di ispirazione e modelli, nonché il suo rapporto di amore e “odio” con Picasso che culminerà nella conferenza madrilena del 1951 Picasso y yo. Celebre la Tabella comparativa, di cui troviamo una riproduzione nella mostra, che riporta Picasso quale unico altro artista vivente presente nella classificazione, a parte se stesso.

Tra i lavori in mostra, catturano certamente l’attenzione l’opera stereoscopica “La scuola di Atene” e “L’incendio di Borgo” ispirata all’affresco di Raffaello, “La velocità massima della Madonna di Raffaello”, “L’ascensione di Santa Cecilia” e senza dubbio “La ricerca della quarta dimensione”.

Salvador Dalì: “Non aver paura della perfezione: non la raggiungerai mai”.