La vita e le favole

La vita e le favole

La vita e le favole

 

Roma 7 giugno 2013 di Controinformoperdiletto

La morale cattolica (che permea purtroppo tutti noi cresciuti in Italia anche chi con l’età adulta ha acquisito la consapevolezza di doversi costruire un proprio sistema etico originale, perché le religioni amano permeare delle proprie paure e soluzioni i bambini prima che comincino a ragionare autonomamente) presenta tra le altre assurdità quella per cui l’unica cosa di cui davvero possiamo disporre, la nostra stessa vita, in realtà non è nostra, ma del presunto creatore.

Chi non vuole piegarsi al fascino delle soluzioni precostituite, certo, avrà da fare molta più fatica ogni volta che nella propria vita avrà a che fare con questioni complesse che magari hanno impatto diverso sulle varie facce di uno stesso problema. Ma chi vuole vivere al riparo da questa fatica, mi spiace, ma visto dal di fuori è come se rinunciasse a vivere, senza nemmeno rendersene conto se non, talvolta, sordamente. Nasciamo, prendiamo coscienza di essere vivi (così perdendo l’innocenza originaria, o per usare le loro parole “acquisendo il peccato originale”), e così viviamo accanto alla paura di morire finché non moriamo. Tutti. Tutto sta come, fai questo percorso accanto alla paura, se ignorandola, esorcizzandola, tentando di sopirla in una religione o semplicemente entrandoci a patti.

Lunedì 10 giugno a Roma c’è un dibattito da non perdere. Si parla di eutanasia, letteralmente “buona morte“, cioè quella cosa che in Italia (in pieno stile cattolico) si pratica correntemente e però si vieta nei principi e nelle leggi (e questa è la cosa più grave: che le leggi si ispirino ai principi di una religione, passando sopra a chi ne professa un’altra o nessuna). Stessa cosa per l’omosessualità, l’aborto, il sesso dei preti, e fino a qualche anno fa i rapporti prematrimoniali: due morali, una nascosta e una palese. Col risultato che da sempre (e in una certa misura ancora oggi) molti omosessuali magari inconsapevoli si sposano e fanno pure figli continuando a coltivare i propri legittimi gusti di nascosto (fatevi un giro per certe strade, se non credete alle statistiche sui trans), una buona legge che stava stroncando l’aborto clandestino e riducendo drammaticamente l’aborto tout-court è stata lentamente ma inesorabilmente sabotata da tanta obiezione cosiddetta di coscienza di troppi Dottor Dobermann, la categoria dei preti purtroppo spesso finisce per costituire un ricettacolo protetto per deviazioni gravi come la pedofilia specie se le gerarchie fino ai più alti gradi fanno finta di non vedere per inerzia corporativa, e l’educazione sentimentale ed erotica dei cittadini è lasciata a modelli retrivi che contemperano il tradimento nascosto (specie maschile) come funzionale a un concetto di famiglia tanto sedicente naturale quanto di fatto fallito statisticamente e socialmente, di cui la violenza sulle donne (per quanto il fenomeno sia distorto nei media, è reale) è solo uno dei corollari di inevitabile conseguenza.

Per cui ha ragione Rita Pani ad affermare provocatoriamente che Stefano Cucchi è stato sfortunato a non essere un embrione, e ha ragione il Comandante Nebbia a tratteggiare la disobbedienza come spesso l’unica risorsa per chi voglia mantenere il rispetto di se stesso e sfuggire alla Grande Trappola. Da cui cominceremo a uscire quando smetteremo di raccontare ai bimbi le favole a lieto fine, catechismo compreso, o almeno ricominceremo a raccontargli le versioni originali, che il lieto fine non ce l’avevano.

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