Peppe Barra e Lalla Esposito portano lo spirito partenopeo al Teatro Parioli dal 9 al 13 novembre, con un repertorio che intreccia passato e presente in “Non c’è niente da ridere” di Lamberto Lambertini.
Quando parliamo della cultura napoletana e delle sue tradizioni, è inevitabile citare la figura di Pulcinella. Se c’è qualcuno che incarna alla perfezione il teatro e, in particolare, questa celebre maschera, è Peppe Barra, che la scanzonata poesia partenopea ce l’ha nel sangue e l’ha rappresentata e tramandata per tutta la sua carriera. Probabilmente ultimo “giullare” di una vecchia scuola che va scomparendo, l’attore insieme alla magistrale “sciantosa” Lalla Esposito ci regala al Teatro Parioli uno spettacolo già collaudato, che sa divertire e commuovere, riuscendo a trasportare il pubblico in una dimensione che, pur se fuori dallo spazio e dal tempo, certamente si può collocare a Napoli.
Attraverso una serie di scene musicali di grandissimo impatto arriviamo al ritorno di Pulcinella dalla sua Colombina dopo lungo tempo. Lei, infuriata per essere stata abbandonata senza preavviso, reagirà con tutta la sua sanguigna verve, solo per scoprire che il suo amato in realtà era morto, e dopo accorate preghiere ha ottenuto da San Pietro il permesso di tornare da lei. Tutto lo spettacolo è un intenso “passo a due”, coinvolgente, ironico e nostalgico, dal finale molto emozionante.
Lo spettatore si trova a vivere un’esperienza immersiva fatta di suoni e parole dei due attori, che portano con sé una vibrante energia e una memoria antica, quella popolare, più vivida che mai. La potente voce degli artisti non si limita a cantare le parole, ma danza insieme alla loro mimica: incredibilmente efficaci, in questo senso, le mille espressioni facciali che si susseguono con armonia sul volto plastico di Barra. Ecco quindi che il testo partenopeo rasenta il grammelot, si trasforma in melodia, poi torna parola e così via, con un ritmo “tarantellesco”. Non importa nemmeno conoscere a menadito il dialetto, quando la forza comunicativa dei protagonisti è sufficiente a trasmettere l’essenza di una terra, il suo spirito e la sua storia.
L’atmosfera complessiva ricorda fortemente quella dei tradizionali café chantant. La sensazione di un viaggio nella Belle Epoque è garantita da molteplici elementi: le musiche di Giorgio Mellone eseguite rigorosamente dal vivo dai virtuosi Giuseppe Di Colandrea (clarinetto), Agostino Oliviero (violino e mandolino), Antonio Ottaviano (pianoforte); i meravigliosi costumi d’epoca di Annalisa Giacci; il susseguirsi di canzoni, balletti, cambi di scena e di costume coordinato efficacemente dalla regia di Lamberto Lambertini.
Lo spettacolo ci dimostra che il patrimonio del teatro classico napoletano, seppur appartenente a un’epoca che sembra lontanissima, ha ancora molto da dire alle persone di oggi, insegnando ad affrontare la caducità della vita con la sua sagace ironia e profondissima leggerezza.