VOTARE NO AL REFERENDUM, ANCHE PER RAFFORZARE UN GOVERNO CHE PUO? FAR BENE MA E? NATO TROPPO DEBOLE

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Il referendum del 25 e 26 giugno è
– finalmente – l’ultimo atto di questa interminabile campagna
elettorale. Siamo chiamati a dire sì o no a una riforma
costituzionale sbagliata non solo nei contenuti ma anche nel metodo,
in quanto imposta a maggioranza dal governo Berlusconi. Così come
era sbagliata nei contenuti e anche nel metodo quella approvata
sempre a maggioranza dal centrosinistra: una riforma per certi versi
addirittura più federalista di quella del centrodestra, e quasi altrettanto sgangherata.


Si
direbbe che la nostra classe politica
, dopo il miracolo della grande
costituzione del 1948, non abbia trovato la capacità di
affrontare nel modo giusto il problema delle correzioni – poche –
che bisognava apportare a quel documento. E così ha oscillato
da un estremo all’altro, partorendo soluzioni frettolose, spesso
prive di raziocinio, a volte addirittura inapplicabili. Accanto a
innovazioni apprezzabili – ad esempio la riduzione del numero
dei deputati e l’eliminazione del bicameralismo perfetto – la
riforma sottoposta adesso al nostro esame presenta infatti molti aspetti
negativi – come l’incongrua sovrabbondanza di poteri del premier, la
sanità regionale, la polizia regionale, la scuola regionale, e un domani anche il
fisco regionale – che farebbero fare passi indietro al nostro sistema
politico. Se il voto popolare dovesse confermarla saremmo costretti
a tenercela così com’è. Mentre se vincerà il
no è possibile – non probabile, dobbiamo essere realisti –
che le forze politiche si decidano a scegliere la strada giusta per
migliorare la costituzione in vigore, tramite un accordo bipartizan
che veramente faccia della nuova carta la costituzione di tutti.

Ma c’è un altro motivo
per
votare no, di carattere più contingente e politico. La caduta
dello sballato progetto di riforma partorito dalla scorsa legislatura
provocherebbe probabilmente, come la nostra rivista ha già
rilevato, uno smottamento nel centrodestra rimettendo in movimento il
quadro politico. I principali fautori della riforma – Bossi e
Berlusconi – pagherebbero il prezzo della sconfitta. Il governo
nato settimino si rafforzerebbe, nell’interesse del paese: perché
avere un governo che quasi non ha una maggioranza, che oggi è
esposto al ricatto dei De Gregorio domani a quello dei Pallari è
come non averlo. Votiamo dunque no anche per questo. E poi attendiamo
Prodi alla prova. In questo primo tempo non ci ha fatto vedere molto,
è sembrato quasi Usa-Italia uno a uno. Troppi falli, pochi
tiri indovinati, qualche autogoal. Ci aspettiamo che la prestazione della sua squadra
migliori. Non vogliamo rimpiangere di aver fatto il tifo per lui.

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