VITALE: CAMBIARE POLITICA, CAMBIARE GOVERNO. SOLO COSI’ SI PUO’ TROVARE LA VIA DEL RISANAMENTO

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Nella sua ormai celebre "lettera dal 2020", Marco Vitale ha immaginato un’Italia risanata grazie ad alcune scelte coraggiose fatte a partire dal 2005. Gli abbiamo chiesto di indicare se, da quando scrisse questo documento, ha rilevato segnali positivi nella direzione da lui indicata. Le dimissioni di Fazio, che "rappresentava un pensiero arcaico e proteggeva un incredibile verminaio finanziato dalla ex banca di Lodi" sono forse – secondo l’economista – l’unico fatto incoraggiante. Per il resto si vedono solo segnali negativi come "la legge elettorale che ha ripristinato il potere delle cosche dei partiti e ha reintrodotto il fantasma dell’ingovernabilità; la legge su appelli e prescrizioni già bocciata da Ciampi e fortemente sospetta di incostituzionalità; la c.d. legge milleproroghe, il più generale assalto degli ultimi tempi alla diligenza. L’unica cosa importante adesso è "liberarsi di Berlusconi". “Anche per liberare la destra accettabile e responsabile che pure esiste (quella dei Tabacci, dei Follini, dei Casini, dei Fini, dei Martino e altri) dal ricatto berlusconiano. Poi si vedrà. Peggio di così è impossibile che vada”.

Intervista di Giancarlo Fornari
D. Tra le misure positive da Lei auspicate nella sua “Lettera dal futuro” una è stata sicuramente realizzata, con la riforma del risparmio finalmente varata dopo le dimissioni di Fazio. A proposito di politica del credito ci sarebbe da registrare anche la nuova escogitazione di Tremonti, la “banca del sud” – quasi un pendant della “banca padana” che la Lega si attendeva da Fiorani. Qual è il suo giudizio su questi provvedimenti?

Nella mia lettera del 2020 non indicavo come punto di svolta la legge di riforma sul risparmio ma le dimissioni del governatore Fazio, che prevedevo inevitabili nel corso  del 2005. Questa previsione è stata formulata quando Fazio ed il suo partito erano ancora fortissimi. Il significato della svolta è tutto qua, nelle dimissioni di Fazio, e non nella legge sul risparmio che giudico irrilevante e, in certe parti, pessima.

D. A parte la questione Bankitalia, riesce a vedere altri eventi che vadano nella direzione da Lei indicata?

Non vedo nessun provvedimento di governo o genericamente politico che si muova nella direzione del risanamento del Paese. Ma vedo nel Paese fermenti positivi ed incoraggianti. Ad esempio, è vero che le Olimpiadi invernali sono costate una follia ma vedere la Torino (ex company town)  vitale, allegra, efficiente, vincente, che abbiamo visto in questi giorni, è una cosa molto positiva. Non si raggiungono questi risultati se non si forma un’unione virtuosa di pubblico e privato, se l’operazione non è gestita da persone per bene, da amministratori pubblici competenti e che amano la loro città. Se si vuole fare un raffronto si prendano i campionati del mondo invernali in Valtellina che sono costati proporzionalmente altrettanto ma che per l’Alta Valtellina sono stati come una grandine devastante ed hanno contribuito a rendere ancora più triste e depressa la popolazione. Torino rinata si affianca a Roma ed a numerose città minori, tipo Genova, come città che pensano positivo. Quando questo avverrà anche a Milano, Napoli, Palermo, avremo fatto un bel tratto di strada nel ricupero del Paese. Un altro fattore che percepisco chiaramente, andando in giro per l’Italia, è che l’imprenditoria sana ha smesso di piagnucolare, si è rimboccata le maniche ed è ritornata a battersi.

D. Riesce a vedere dei provvedimenti o eventi che vadano nella direzione opposta a quella da Lei indicata?

Quasi tutti i provvedimenti politici dell’ultimo anno si muovono in direzione opposta al risanamento (che io intendo anche e soprattutto morale) del Paese: la legge elettorale che ha ripristinato il potere delle cosche dei partiti ed ha reintrodotto il fantasma dell’ingovernabilità; la legge su appelli e prescrizioni già bocciata da Ciampi e fortemente sospetta di inconstituzionalità;  la c.d. legge milleproroghe, il più generale assalto degli ultimi tempi alla diligenza; altri episodi come le gravi ed inconsulte offese che il Ministro Tremonti ha rivolto ad un distinto economista americano, nato a Instanbul, che hanno fatto il giro del mondo inchiodando un’altra volta il nostro Paese a un livello miserabile; l’inconsulto demagogico e frastornante agitarsi televisivo del presidente del Consiglio. Tutto si muove nella direzione dell’affondamento ulteriore del livello mentale e morale del Paese. Io feci un’altra previsione nel 2001. Ai miei amici berlusconiani che dicevano: proviamo; se non andrà bene lo cambieremo, io dissi: Berlusconi non se ne andrà pacificamente; se mai se ne andrà sarà perché sarà costretto a fuggire dai tetti di Palazzo Chigi con l’elicottero. Con questa immagine un po’ forzata intendevo dire che Berlusconi mai se ne sarebbe andato pacificamente e serenamente come una normale alternanza politica. Tutto quello che sta avvenendo in questi giorni, con montagne di bugie raccontate in televisione senza che nessuno lo contrasti, con i paragoni con Napoleone e Gesù Cristo, con l’annuncio di sondaggi di cui solo dopo grandi pressioni si rivelano le fonti, dimostrano che  la mia previsione era centrata.

D. I “distretti produttivi” regolamentati dalla Finanziaria sembrerebbero uno strumento utile per agevolare la crescita delle imprese se non rischiassero di rivelarsi prima di tutto un marchingegno per incentivare la fittizia produzione “contabile” di perdite. Configurare il distretto come un soggetto fiscale consentirebbe infatti di scaricare su di esso le passività che non possono essere compensate dalle imprese che chiudono sempre i bilanci in perdita, con effetti sconvolgenti per le entrate tributarie: il professor Antonio Di Majo, in un articolo su contrappunti.info, ha valutato in dieci miliardi il possibile costo di questa operazione. Qual è il suo giudizio?

I “distretti produttivi” non sono stati inventati dalla Finanziaria, sono una realtà antica e preziosa del nostro sistema produttivo. La nuova generazione di distretti deve darsi una struttura più compatta e con certi servizi unificati. La norma fiscale si muove in questa logica direzione. Non ho studiato l’analisi di Antonio Di Majo ma, istintivamente, non mi sembra convincente.

D. Le elezioni sono alle porte, come vede lo scenario che si aprirà davanti al nuovo governo: da lacrime e sangue o da provvedimenti coraggiosi ma comunque non socialmente traumatizzanti? Il nuovo governo (ammesso che sia di diverso colore) dovrebbe “azzerare in blocco” le riforme fatte dal precedente o limitarsi ad aggiustarle e migliorarle? E infine: se dovesse indicare tre misure da prendere nei primi fatidici cento giorni, quali sceglierebbe?

La politica economica per il risanamento del Paese non deve essere traumatica. Basta che sia seria e che si dia uno spazio almeno quadriennale. I primi cento giorni dovrebbero essere dedicati a pensare ed a formare una squadra di alto livello e con un alto grado di indipendenza dalle orde fameliche dei partiti. E ciò vale sia per il centro-destra che per il centro-sinistra. Nel caso vinca il centro-sinistra le leggi del governo Berlusconi non devono essere azzerate in blocco. Questo sarebbe un approccio barbaro e dannoso. Ma certamente alcune leggi fondamentali vanno cambiate radicalmente ed in primis: la legge elettorale, la legge sull’ordinamento giudiziario (qui alcuni pezzi sono salvabili), la legge sull’ordinamento dei poteri locali (c.d. devolution). Dovrebbe, come messaggio di un deciso cambio di clima, essere approvata una legge o forse una dichiarazione solenne del governo che impedisca o escluda formalmente il ricorso ai condoni per l’intera legislatura sia in campo fiscale che edilizio e urbanistico.

D. Nella sua lettera lei immagina che la ristrutturazione dell’area di Bagnoli e lo sviluppo del parco archeologico della valle dei Templi siano realizzate con successo perchè affidate rispettivamente a una società di iniziative immobiliari inglesi e a una compagnia di uomini d’affari e investitori americani. La rivolta contro la sottocultura dei lumbard arriverebbe dopo una processione guidata dall’arcivescovo di Milano. Ciò farebbe immaginare una scarsa fiducia negli italiani e nelle loro istituzioni. O no?

I tre casi sono specifici. Non si prestano, quindi, a generalizzazioni per tutti gli italiani e  le loro istituzioni. Ma al tempo stesso sono emblematici e, dunque, hanno un significato per situazioni analoghe. Il progetto Bagnoli, più il progetto Pozzuoli, più due o tre altri progetti che interessano l’area metropolitana napoletana potrebbero innestare temi di sviluppo poderosi. Se questo non avviene è solo per l’inerzia degli amministratori pubblici. Poiché l’imprenditoria locale è debole è meglio sognare che questi progetti vengano affidati a imprenditori stranieri che sanno ancora progettare e realizzare.
Lo stesso vale per Agrigento, come ha bene documentato Mariano Maugeri in suo eccellente articolo sul Sole 24 Ore del 12 febbraio dal titolo: “La battaglia di Agrigento” che scrive: “Eppure, per riscattare l’orgoglio ferito degli agrigentini basterebbe concentrarsi su quello che esiste già. Magari trasformare la Valle dei Templi nel simbolo del pensiero occidentale. Ci vorrebbe un progetto, insomma. L’area archeologica attira oggi meno di 600mila persone l’anno, quasi nessuna delle quali visita la città. I turisti potrebbero diventare due milioni”. Ma il direttore dell’inerte Parco, l’architetto Pietro Meli,  a sentire di un nuovo progetto di rilancio parla di “minchiate”. Eppure ci hanno lavorato il paesaggista del Politecnico di Milano Pierluigi Nicolin, la sovrintendente di Benevento Salerno e Avellino (uno dei maggiori successi di sviluppo di aree archeologiche) Giuliana Tocco, l’archeologo palermitano Nuzio Allegro, e Marco Vitale, coordinati dall’architetto Alberto Piazza di Sciacca, profondo studioso della materia, ed ha ricevuto una dichiarazione di supporto dal direttore dell’Unesco.
Mi sono dilungato su questo caso perché è incredibile come in Sicilia si parli a non finire di temi di sviluppo e poi si tengano congelati progetti e situazioni che potrebbero esplodere, mentre si progetta un inutile e devastante aeroporto a meno di cento chilometri da quello in costruzione a Comiso, aeroporto che distruggerà il territorio di Sciascia, un atto di autentica criminalità economica e urbanistica. E’ evidente che c’è una classe dirigente che non vuole  lo sviluppo, che lo combatte aspramente, perché a lei le cose stanno bene così.
Il caso dei “lumbard” è diverso. I lombardi hanno mostrato ai lombardi il volto peggiore della Lombardia. Per molti lombardi è  stata una sorpresa scoprire che nella loro bella e civile regione albergasse una sottocultura di così basso livello. Questa sottocultura è in continua involuzione e peggioramento. E’ diventata una vera e propria peste. E, quindi, per essere se non eliminata almeno confinata nel lazzaretto, è necessaria una forte reazione emotiva di massa. Da qui l’idea forte della processione che è pur sempre composta da italiani e da lombardi e che se come spero ed auguro nel 2010 ci sarà ancora l’attuale arcivescovo sarà guidata da un italiano e da un lombardo. La processione è un simbolo di speranza, perché chi la segue spera di contribuire, marciando in processione, a sconfiggere la peste.

D. Sono fondate queste speranze?

C’è da dubitarne, se si considera che il popolo italiano, nonostante gli oggettivi immensi e documentati danni del Governo Berlusconi, continua comunque a votarlo in misura significativa. Se i sondaggi sono affidabili la sinistra ha già culturalmente e politicamente perso le elezioni: gli errori ed orrori berlusconiani sono stati e sono talmente gravi che la sinistra avrebbe dovuto sovrastarlo e schiacciarlo di voti. Che ciò sembri non avvenire non è un buon segno né per il popolo italiano né per la sinistra. Ma ora non è tempo per dubbi, tristezze, malinconie e neanche programmi. Ora bisogna liberarsi di Berlusconi: è l’unica cosa che conta. Anche per liberare la destra accettabile e responsabile che pure esiste (quella dei Tabacci, dei Follini, dei Casini, dei Fini, dei Martino e altri) dal ricatto berlusconiano. Poi si vedrà. Peggio di così è impossibile che vada.

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