UNA INTENSA GIORNATA CONGRESSUALE, GUARDATI CON SOSPETTO

(28.9.09) Mentre il nostro Presidente sta cercando, come Bolt,  di superare ogni volta i suoi stessi record – di velocità, nel caso del giamaicano, di spregevolezza nel caso del premier, che non si vergogna di accusare le opposizioni di festeggiare la morte dei nostri soldati e di ripetersi fino alla nausea con le stupide battute sulla “abbronzatura” della coppia presidenziale americana – sta ormai per arrivare finalmente a conclusione il precongresso del Pd, che con la sua interminabile durata, maggiore di quella delle trattative per il disarmo in Vietnam, ha contribuito a rendere ancora più evanescente un partito ormai da tempo ridotto all'ectoplasma di se stesso.
Riuscirà il buon Bersani, tempra di apparatnicki, ormai quasi sicuro prossimo segretario, a  rimetterlo un po' in forma?  Avremo la fortuna, dopo questo evento, di salutare con la manina il pio mezzobusto Rutelli con il suo seguito di vergini con cilicio? Lo scopriremo presto. Intanto può essere istruttivo leggere questa cronaca di una giornata passata in sezione, per votare il nuovo segretario, dal nostro Gian Carlo Marchesini.
di Gian Carlo Marchesini


Il circolo del Pd è quello di Via Catanzaro
, presso Piazza Bologna, III Municipio di Roma, dove mi sono iscritto a giugno – la prima volta in vita mia di una iscrizione a una forza politica! – spinto dalla novità della candidatura alle primarie per la segreteria del Pd di Ignazio Marino. Alle 10.30 sono in sezione, che si sta rapidamente riempiendo. Ci spiegano che verrà sottoposta al voto dell’assemblea una proposta di nomi che costituiranno la presidenza del congresso, e che tre relatori, uno per mozione, illustreranno le tesi rispettivamente di Bersani, Franceschini e Marino. Nel frattempo vengono aperte le iscrizioni a chiunque intenda intervenire nel dibattito dei lavori congressuali.
I presenti sono un centinaio, ci prenotiamo in 35, a ciascuno saranno concessi 5 minuti di intervento. Ai tre relatori i minuti concessi sono 15. Via via che gli interventi si susseguono, mi rendo conto che la virtù attribuita dai sostenitori a Bersani è l’esperienza, a Marino viene invece attribuita la novità e la voglia di cambiamento, a Franceschini un po' una e un po' l’altra, con in più un tocco di freschezza e sincerità. Al mio turno, io dico la mia pigiando su due argomenti. Il primo: Bersani sarà pure un capitano di lungo corso, ma dove ci ha portato oggi la sua esperienza? E’ vero che da ministro ha varato la famosa lenzuolata di liberalizzazioni contro corporativismi, oligarchie e cartelli, ma nel frattempo e in parallelo, non è l’intero partito naufragato in una subalterna deriva liberista,fatta di privatizzazioni senza regole e controlli, dimenticandosi perfino di produrre una legge sul conflitto di interessi? Allora, sai la sua che bella esperienza…
Infine, preso dall’impeto di una emozionata passione, ho pigiato sul terzo pedale, cioè sull’ottimo Ignazio Marino. Come! – ho detto – abbiamo un medico scienziato portatore della conoscenza e competenza più avanzata a livello mondiale. Abbiamo un credente vero, non un cattolico teodem per finta che fa della religione strame e strapuntino per i suoi fini di affermazione e potere, ma qualcuno che rende onore e giustizia alla importanza e dignità della sfera religiosa personale e privata, e un laico rigorosamente fermo nel difendere sovranità dello stato e tutela dei diritti civili di ogni persona: e lo trattiamo non come risorsa straordinaria ma come interferenza invasiva e minacciosa?

Chi interviene a favore di Bersani
si direbbe soffrire di una potente idiosincrasia nei confronti del principio di coerenza logica. Bersani – sostengono – possiede una grande esperienza: che poi siamo finiti nell’attuale merda questa non è colpa sua, piuttosto di Di Pietro, di Grillo e dell’antipolitica, con il corredo di fanatismo fazioso che è servito soltanto a rendere più compatto il campo avverso. Qualcuno sillaba solennemente che è ora di smetterla di demonizzare Berlusconi per le sue donnine: come se, ai tempi, qualcuno avesse considerato problema non Caligola e il suo delirio di onnipotenza, ma il cavallo che ha accettato di farsi eleggere senatore.
A sostenere Marino interveniamo in 10, tutti confessando di esserci iscritti al Pd per l’unica ragione della sua candidatura alla segreteria. Mi rendo presto conto che quello che noi consideriamo scelta di impegno generoso, dal gruppo direttivo del circolo del Pd viene sì formalmente declamato come ottima scelta, ma in realtà sotterraneamente percepito come minaccia. Della serie: ma non è che questi alieni vengono a complicarci i giochi e l’esistenza? Ne ho conferma chiacchierando con il coordinatore del circolo, che a domanda risponde che dai 200 iscritti esistenti fino a giugno, ora siamo diventati 600.  Mica i nuovi 400 sono tutti pro Marino – chiedo speranzoso. No, mi risponde il coordinatore: dopo che a giugno a decine vi siete iscritti  favore di Marino, subito sono arrivate le “truppe cammellate”. Insomma, il fenomeno Marino ha sì dato uno scrollone alla vita sonnolenta e grama del circolo – e del partito – ma l’immediata reazione di chi ha temuto un qualche pregiudizio per la tenuta del “comitato d’affari” è stata quella di mobilitare le truppe dei propri clientes.

Noi 10 che interveniamo pro Marino
siamo tutti espressione appassionata, e anche un po’ patetica, della coscienza infelice di una intellettualità critica, sì di sinistra, ma del tutto autonoma e disorganica. Abbiamo orgoglio e coscienza di essere la parte migliore di questa società, di questa sinistra, di questo Pd – ma, insieme, di essere ahimé del tutto ininfluenti. Lo scrittore, il docente universitario, la psicoterapeuta,  l’ex sindacalista, la giovane e coraggiosa inprenditrice, l’operatrice sociale impegnata nell’assistenza ai migranti, tutti ci facciamo in qualche modo carico della cura delle pene e delle ingiustizie del mondo. Siamo tutti over 50, i giovani, stranamente, dalla nostra parte non ci sono, sono invece presenti tra i sostenitori di Bersani e Franceschini. Sono, si direbbe, più realisti di noi, e quindi vicini alla concretezza del potere. Evidentemente in questo Paese non stiamo poi così male, il disgusto e la disperazione non hanno raggiunto l’acme, manca ancora l’energia necessaria a lanciarsi dal trampolino per essere catapultati tra le braccia di un Obama. Berlusconi promette il paese dei campanelli, Bersani un cantuccio tutto sommato caldo. Marino si rivolge alla razionalità etica, dove non ci sono, ahimé, né gli uni né l’altro.
Le operazioni di voto si svolgono dalle 16.00 alle 20.00. Le file dei votanti si snodano a serpentina lungo i corridoi. Alla fine Bersani prende 194 voti, Franceschini 56, Marino 50.  Bersani è evidentemente apprezzato come campione del principio di realtà, per la conoscenza dei meccanismi della macchina partitica, politica, sociale. Marino è colui che vorrebbe che quella macchina procedesse in una direzione diversa da quella finora seguita. Franceschini non sembra abbastanza bravo né nel suo controllo, né nell’imprimere alla macchina la direzione giusta.
 
Mi hanno inoltre colpito un paio di cose. La prima: per ammissione degli stessi responsabili del circolo, il regolamento delle elezioni congressuali è stato ricalcato sulla legge elettorale in vigore – quella definita dallo stesso Calderoli che l’ha fatta una porcata. I nomi dei candidati in lista sono stati pre scelti, prendere o lasciare. Nessuno può auto candidarsi. I giochi quindi sono già stati fatti. Il dibattito congressuale si rivela essere, in buona sostanza, la concessione ad entrare in un’arena dove ogni torello viene lasciato libero di scalpitare per non oltre 15 minuti. Confesso che, malgrado tutto, i tempi in fatto di partecipazione alla politica e al dibattito sulla gestione della cosa pubblica sono così grami che ci siamo sentiti, per l’occasione concessa, perfino elettrizzati. La seconda: l’unica evidente reazione allarmata nel gruppo dirigente del circolo si è verificata in presenza di una mozione presentata da alcuni degli iscritti sulla necessità di introdurre un regolamento al fine da disciplinare e impedire il più possibile opacità, manipolazioni, abusi nell’accesso a cariche, incarichi, onori, prebende, poteri e privilegi legati all’attività politica svolta dal partito. Non ora! non ora! hanno risposto insofferenti i dirigenti del circolo, forse dopo, sicuramente più in là…   Insomma, vuoi vedere che Franceschini ci mette la sua faccia onesta, Marino il suo appassionato prezzemolo etico, ma alla fine vince l’esperienza di Bersani nel far funzionare la macchina dei comitati d’affari?  

A casa, ragionando con mio figlio
, mi sono sentito muovere l’osservazione che forse Ignazio Marino per questo partito democratico è oggi ancora un non assimilabile alieno: non sa parlare ai bisogni profondi, non è dotato del carisma sufficiente per vincere sulla tutto sommato rassicurante esperienza fornita da Bersani. Mi è toccato fare la sua osservazione, a malincuore, mia.

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