Intervista a Daniele Nardi: “Nanga Parbat, nessun rimpianto. Ora aiutiamo il Nepal”
Daniele sul Nanga Parbat (foto Ufficio Stampa Daniele Nardi - danielenardi.org)

Intervista a Daniele Nardi: “Nanga Parbat, nessun rimpianto. Ora aiutiamo il Nepal”

Daniele sul Nanga Parbat con la bandiera dei diritti umani (foto Ufficio Stampa Daniele Nardi - danielenardi.org)

Daniele sul Nanga Parbat con la bandiera dei diritti umani (foto Ufficio Stampa Daniele Nardi – danielenardi.org)

Di Marco Bombagi

Dialogo con l’alpinista italiano che ha tentato l’ascesa al leggendario ottomila himalaiano in invernale, senza aiuti e lungo una via nuova. Un’impresa che, se realizzata, avrebbe avuto del leggendario. Sogno purtroppo sfumato a pochi metri dalla vetta dopo un’avventura durata tre mesi e mille vicissitudini affrontate lungo il cammino.
Una chiacchierata a mente fredda, a circa un mese dal rientro a casa dell’atleta originario di Sezze Romano, sulle emozioni vissute in Pakistan e su quelle, più recenti e dolorose, provocate dalla tragedia che ha colpito il Nepal, luogo sinonimo di montagna, alpinismo e spiritualità.

 

1) La prima domanda non può che riguardare il terremoto devastante che ha colpito una Nazione che conosci bene, il Nepal. Forse la patria dell’alpinismo e luogo di straordinaria spiritualità. Migliaia le vittime, tra cui anche decine di alpinisti travolti da valanghe. Cosa ti senti di dire?

Il Nepal, più di ogni altro luogo della terra che abbia visitato, trasmette un senso fortissimo di spiritualità, ospitalità e fratellanza. Sin da quando nel 2004 scalai il mio primo 8000, l’Everest, capii che questo Paese aveva qualcosa di speciale. È questo il motivo principale per il quale ho avuto la possibilità di fare amicizia con tante persone. Le immagini di devastazione che ho visto mi hanno colpito profondamente ed il senso di responsabilità mi spinge ad organizzarmi per raccogliere fondi e materiali per queste persone.
Non solo, questo terremoto ha colpito un luogo che conosco bene, il monte Everest, dove sono stato ben 3 volte in varie spedizioni. Un sisma che ha fatto crollare delle strutture glaciali in alto le quali hanno poi colpito il campo base. Per assurdo queste valanghe non sono cadute dall’Everest, bensì dalla montagna alle spalle del campo base e cioè il Pumori. La fratellanza e la condivisione della passione per la montagna mi fa pensare per prima cosa a loro, ma questo non toglie che la tragedia più grande è accaduta nelle terre del Nepal, a partire da Kathmandu fino alle vallate più desolate e senza comunicazione, dove la vera entità del dramma si conoscerà con ritardo rispetto alle zone più popolate.
Mi viene da dire e pensare qualcosa di incredibile quando guardo le immagini dei sopravvissuti, un senso di tristezza ma anche di voglia di reagire e di mettermi in azione. L’ultima immagine che mi ha colpito sono due bambini di 2 e 4 anni e quello più grande abbraccia la sorellina per proteggerla. Bisogna fare qualcosa e sbrigarsi, questo deve essere il senso di responsabilità che deve spingerci ad agire, in qualsiasi modo, l’importante è mettersi in azione, anche per rispettare il senso della mia lotta per il rispetto dei diritti umani. Altrimenti queste rimarrebbero futili parole.

2) Come hai vissuto queste settimane di riflessione successive al tuo ritorno dal Nanga Parbat?

Piacevolmente ma molto impegnato. Ho riportato l’attenzione sul vivere in una società cercando di riabituarmi al quotidiano. Non è mai facile ma può essere divertente. Quando rientri dopo una cosi lunga assenza ti mancano le “cortesie sociali”, sei un pò piu rude e pensi direttamente alle cose semplici.
Non giri molto intorno alle cose, la montagna fa questo effetto. Poi pian piano ti riabitui alle comodità. Ho ripreso a correre e a scalare, non ho fretta di riprendere la forma fisica ma se volgio riprendere peso nel modo corretto è la cosa migliore.

3) In questo periodo hai optato per il riposo o hai comunque scelto di allenarti per riprendere il peso perduto?

Un allenamento blando, senza esagerare. Ma la cosa migliore è riprendere a correre e scalare. non importa quanto intensamente lo si fa ma permette di riabilitare la musculatura e farla tornare tonica. Si perde peso in spedizione anche e sopratutto a causa della ipotrofia che si viene a creare con il grande sforzo e la mancanza di ossigeno in alta quota. Riprendere peso è facile , quelo che è difficile è ricostruire il peso grazie ad una buona forma fisica.

4) Che tipo di allenamento stai svolgendo e con quale tipo di alimentazione?

I primi giorni dopo il rietro non sono stato molto a guardare a cosa mangiavo, mi sono dedicato più al piacere di mangiare che ad una buona nutrizione. Subito dopo però ho cercato di riattivarmi con una buona alimentazione ed una dieta ricca ma equilibrata. Questo permette all’organismo di riprendersi piu velocemente. La base sono le proteine ed un buon reintegro di vitamine e sali attraverso le verdure.

5) A mente fredda, ricordando certi frangenti, ti è capitato di cambiare idea rispetto ad alcuni fatti vissuti nei mesi della spedizione?

No, l’idea che mi sono fatto sui frangenti della spedizione più salienti non è cambiata. Questa è una fortuna se non si vuole avere dei rimpianti e io non ne ho. Ora sto cominciando veramente ad assaporare la grande avventura che ho vissuto, alcuni momenti ritornano alla mente forti e vivi e questo mi permette di godermeli con un po’ di distacco.
A volte mi capita di mettermi a ridere quasi senza motivo, ma il motivo in realta c’è è che mi tornano alla mente momenti strani o esileranti o auto sarcastici. in altri momenti mi viene in mente quanto siamo stati determinati a superare certe difficoltà…è stata una grande esperienza!

6) Hai già pensato a programmare i prossimi mesi o per ora c’è solo spazio per il riposo?

Ho in mente quest’anno di dedicarmi molto alla scalata e ad alcuni progetti che avevo in mente già da tempo sia sulle Alpi che sull’Appennino. Andare su un ottomila metri richiede tanta perseveranza e resistenza si lascia un po’ da parte la scalata tecnica. Ora vorrei riprendere quel tipo di allenamento e fare qualche bella parete. Vediamo, voglia ne ho tanta.

7) Dove porterai la bandiera dei diritti umani la prossima volta?

In ogni dove mi capiterà di andare. I diritti umani non sono solo per le alte cime ma per tutti i luoghi del mondo. È dai piccoli posti che si parte per costruire le fondamenta della vita, questo sono i diritti umani.
Ad ognuno di noi il compito di fare un piccolo passo in direzione del completo rispetto dei 30 dritti umani, un lavoro difficle ma entusiasmante sopratutto quando vedi tanti ragazzi, il nostro futuro, che afferrano i concetti più importanti e li fanno loro.

8) Tornerai sul Nanga Parbat?

Non lo so ancora. anche se molti mi vorrebbero vedere di nuovo li io non ho ancora deciso. Voglio prendermi tutto il tempo che serve prima di decidere. Non è una spedizione facile e si mette tanto in gioco. Staremo a vedere.

 

 

Daniele sul Nanga Parbat con Ali Alex (foto Ufficio Stampa Daniele Nardi - danielenardi.org)

Daniele sul Nanga Parbat con Ali Alex (foto Ufficio Stampa Daniele Nardi – danielenardi.org)

 

About Marco Bombagi

Laurea Magistrale in Scienze Politiche con indirizzo sociale e del lavoro conseguita nel giugno 2006. Praticante giornalista presso "Lumsa News" ( scuola di giornalismo dell'università Lumsa) da ottobre 2007 a ottobre 2009. Giornalista professionista dal 19 gennaio 2010. Autore del romanzo "La Valle di Erec" edito da Progetto Cultura