BOTTI (FASULLI) DI FINE ANNO DEL MINISTERO DI STANCA. CHE FA PUBBLICITA’ INGANNEVOLE SUI QUOTIDIANI

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Milioni di cittadini italiani hanno potuto apprendere, da un annuncio fatto pubblicare sui principali quotidiani il 31 dicembre dal Ministero per l’innovazione e le tecnologie, che dal primo gennaio 2006 “comincia l’era digitale della Pubblica amministrazione”. “Dal primo gennaio il collegamento telematico di tutti gli uffici, lo snellimento delle procedure burocratiche, la conversione dei documenti cartacei in archivi informatici e la riduzione di tempi e costi diventano finalmente realtà”. Il computer di casa “diventa lo sportello pubblico sempre aperto e disponibile”. Peccato che  queste affermazioni altisonanti siano solo vanterie prive del minimo aggancio con la realtà. Una pubblicità ingannevole che merita un intervento dell’Antitrust

Articolo di Carlo di San Giusto

“L’era digitale della Pubblica Amministrazione. Se ne parla da anni ma domani comincia davvero". E ancora: “Entrare nell’era digitale significa poter comunicare in qualsiasi momento con gli uffici pubblici attraverso un computer. Se da domani potrete farlo o chiedere di poterlo fare al più presto, è grazie al decreto legislativo del 7 marzo 2005, meglio noto come Codice dell’Amministrazione Digitale”. Queste ed altre simili affermazioni sono contenute in un costoso annuncio a tutta pagina fatto pubblicare dal Ministero per l’innovazione su alcuni quotidiani per pubblicizzare il Codice della PA digitale, entrato in vigore il primo gennaio 2006. Annuncio nel quale si assicura che sempre dal primo gennaio il collegamento telematico di tutti gli uffici insieme allo snellimento delle procedure, alla conversione dei documenti cartacei in informatici e alla riduzione di tempi e costi “diventano finalmente realtà”. Verifichiamo, partendo proprio dalle disposizioni del Codice, quanto siano fondate queste affermazioni.

Un pensiero stupendo
L’idea – propagandata dal ministero per l’innovazione – che con il primo gennaio 2006 tutti i servizi delle amministrazioni siano disponibili on line, che per effetto dell’entrata in vigore del Codice Stanca miracolosamente le procedure burocratiche siano snellite, tutti gli uffici siano collegati tra loro e con i cittadini, i documenti cartacei siano convertiti in documenti informatici, trova smentita nelle stesse disposizioni del Codice dell’amministrazione digitale. Leggendo le quali si capisce che gran parte di queste cose sono di là da venire. Mentre le poche che invece già esistono sono state realizzate, in gran parte, molto tempo prima che lo stesso Codice venisse elaborato e approvato.
Sono ancora poche, infatti, le amministrazioni che consentono di corrispondere con loro in via telematica, e  ancor meno quelle che permettono di svolgere on line vere e proprie pratiche e attività amministrative, come fa ad esempio l’amministrazione finanziaria rendendo possibili le dichiarazioni dei redditi e i pagamenti delle imposte on line. Ma tutto ciò è di gran lunga anteriore al codice (per le finanze risale addirittura al precedente governo, alle innovazioni del “fisco telematico” introdotte dall’allora Ministro delle finanze Visco).

Solo previsioni. Tu chiamale – se vuoi – emozioni
Il Ministro per l’innovazione ha avuto il merito, questo sì, di regolamentare l’uso della posta elettronica in modo da darle valore legale, che è poi la parte forse unica del codice che potrebbe essere immediatamente operativa se i cittadini e soprattutto le amministrazioni si attrezzassero. Ma per il resto, le previsioni del codice sono solo indicazioni di percorsi burocratici che prenderanno sì l’avvio, se tutto va bene, dal primo gennaio 2006, ma solo successivamente diventeranno operativi dando luogo a effettive semplificazioni.
Ad esempio, in base all’art. 3 del Codice la garanzia per il cittadino di poter effettuare i pagamenti a tutte le pubbliche amministrazioni con modalità informatiche diventerà effettiva solo a partire dal 30 giugno 2007 – salvo prevedibili proroghe – e non dal primo gennaio 2006.
In base all’art. 47, comma 3 lettera a, le amministrazioni disporranno poi di ben 24 mesi per “istituire almeno una casella di posta istituzionale e una casella di posta elettronica certificata …per ciascun registro di protocollo”. Il che significa che il cittadino che volesse utilizzare la posta certificata per inviare comunicazioni con valore legale agli uffici dovrà ancora attendere. Se va bene, alcuni mesi, se va male anche due anni. Salvo sempre ulteriori proroghe.
E anche il resto delle previsioni del codice è solo “work in progress”: le amministrazioni avranno 24 mesi per utilizzare la posta elettronica per le comunicazioni con i propri dipendenti (art.47, comma 3 lettera b), e ancora 24 mesi (art. 54, comma 1) per adeguare i loro siti Internet inserendovi gli organigrammi e l’articolazione degli uffici, l’elenco dei procedimenti svolti da ciascuno di loro con il nome del responsabile, l’elenco dei bandi di gara e – soprattutto – "l’elenco completo delle caselle di posta elettronica istituzionale attive, specificando anche se si tratta di una casella di posta elettronica certificata”. E’ chiaro che se non esistono caselle di posta elettronica certificata o se i loro indirizzi non vengono pubblicati il cittadino non potrà mai inviare alle amministrazioni comunicazioni aventi valore legale. E potrebbero passare anche due anni prima che tutto questo venga fatto.

Tra un mese tra un anno chissà
E sempre a scoppio ritardato scatta una regola importante introdotta per assicurare la pubblicazione via Internet della modulistica delle amministrazioni: si tratta della norma dell’art. 57, comma 2, in base al quale “trascorsi ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del presente Codice i moduli e i formulari che non siano stati pubblicati sul sito non possono essere richiesti e i relativi procedimenti possono essere conclusi anche in assenza dei suddetti moduli e formulari”. 
Ma ancora più lungo, laborioso e problematico sarà il processo che dovrà portare alla conversione degli archivi cartacei in archivi informatici, da realizzare “nel rispetto del principio dell’economicità” – art. 40, comma 2 (solo se, quindi, ci saranno le risorse – figuriamoci) e all’istituzione di “fascicoli informatici” dei procedimenti (che le amministrazione “potranno” – e non “dovranno” quindi – istituire: art. 41, comma 2). Così pure si prevede che gli originali dei documenti verranno formati con mezzi informatici anziché cartacei, ma da chi: obbligatoriamente da tutte le amministrazioni? Naturalmente no, solo da quelle (art.40, comma 1) “che dispongono di idonee risorse tecnologiche”.
Un processo quindi tutto facoltativo, tutto virtuale, tutto al di là da venire, così come di là da venire è quello che dovrà portare all’istituzione presso il Ministero delle attività produttive del cosiddetto Registro informatico degli adempimenti amministrativi per le imprese.

Quando arriveranno le innovazioni di Stanca, lo scopriremo solo vivendo
In conclusione: parafrasando Verdi si potrebbe dire che in questo Codice tutto ciò che è buono non è nuovo, tutto ciò che è nuovo non è buono: o non è attuale, o non è realizzabile. Almeno non lo è – questo è sicuro – a partire dal primo gennaio del 2006.
E se è vero che in base all’art.3 “i cittadini e le imprese hanno diritto a richiedere ed ottenere l’uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le pubbliche amministrazioni centrali e con i gestori dei pubblici servizi statali”, si tratta di un diritto non azionabile (che funzionerà solo se le amministrazioni si saranno attrezzate) e che comunque può essere esercitato solo “nei limiti di quanto previsto dal presente Codice”. Limiti che, come abbiamo visto, sono talmente ampi da rendere assai problematico, per non dire in molti casi impossibile, l’esercizio di questo diritto. Pensiamo ad esempio a tutti gli anni che dovranno passare prima di poter arrivare a realizzare il processo informatico nei nostri Tribunali.
Tutto sommato questo Codice sembra una specie di mozione degli affetti, una raccolta volenterosa di buone intenzioni priva di valore cogente. Un’elencazione di diritti la cui attivazione è rimessa al buon cuore delle amministrazioni. Che potranno riconoscerli chissà come, chissà quando.

Spiegare al cittadino che questi diritti saranno operativi dal primo gennaio di quest’anno è una pura e semplice operazione di propaganda. O peggio, di disinformazione.

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