80 euro in busta paga…MICA FAGIOLINI!
Peppone e don Camillo

80 euro in busta paga…MICA FAGIOLINI!

Peppone e don Camillo

Peppone e don Camillo

In un clima popolare che percepisce più un don Camillo e l’onorevole pappone  o un don Camillo, baciamo le mani, i protagonisti della saga guareschiana si confrontano sugli 80 euro (praticamente l’equivalente del famoso chilo di fagiolini in casa Berlusconi) in busta paga previsti a partire dal mese di maggio, con dettagli ancora da chiarire e con modalità di reperimento ancora nebbiose (tra sanità, difesa ed eventuale eliminazione esenzione IMU per fabbricati rurali ad uso strumentale); chissà che la scelta del mese mariano sia dovuta proprio all’affidamento più alle elevate risorse celesti, che alle misere risorse terrestri. Sicuramente una boccata d’ossigeno per quell’ortolano o quegli ortolani che, però, a causa della spending review effettuata da Francesca Pascale, non si vedono più tale entrata…intanto, sperando che almeno per una volta la fine degli ortolani non la facciamo sempre noi, soliti collezionisti di ortaggi, ascoltiamo la discussione dei due personaggi, primi ospiti di questa rubrica, che vedrà periodicamente i confronti fra altri autorevoli opinionisti di opposti pensieri sui temi della nostra attualità.

PEPPONE
Devo partire dalla realtà della situazione e valutare quello che il convento passa o può passare; a mio parere la manovra di Renzi ha come scopo principale un messaggio elettorale in vista delle europee e guarda caso lo si verrà a scoprire nella realtà dei fatti con le buste paga di maggio che di solito cominciano a pagarsi dal 27 in poi; in quel momento si vedrà se gli 80 € saranno effettivamente 80 o ……giù di li. Le elezioni si terranno il 25 maggio: per la serie affidiamoci e votiamolo, tra due giorni si vedrà e qualche voto per l’Europa è intascato; come seconda considerazione trovo che ci sia una discriminazione non so quanto valida sul piano costituzionale, in quanto questo benefit riguarda solo una categoria di persone ben circoscritta (dipendenti) ed essendo basata su una manovra fiscale andrebbe a scontrarsi con gli art. 3 (uguali diritti) e 53 (capacità contributiva) della costituzione: i 1.000€ di un lavoratore autonomo sono uguali a quelli di un lavoratore dipendente. Perché, dunque, non proporre un eventuale aumento di detrazioni per gli esclusi? Nelle intenzioni dei promotori, questo dovrebbe avere l’effetto di dare un po’ di ossigeno a quei lavoratori dipendenti più bisognosi e nel contempo innescare il meccanismo dell’acceleratore economico favorendo i consumi. Obiettivo, questo, su cui ho delle perplessità: secondo me chi riceverà gli 80 € correrà a coprire i buchi nei debiti su bollette telefoniche o dell’energia elettrica oppure cercherà di tesaurizzarli per addizionarli ai successivi 80 €, per coprire qualche rata di mutuo non pagata; non penso che correrà da Gucci o Bulgari per soddisfare qualche desiderio represso. Al consumo destinerà, se le destinerà, le briciole. La vera rivoluzione sarà se la copertura avverrà attraverso l’eliminazione della burocrazia e delle spese pubbliche inutili, come promesso, intendendosi per tali non le istituzioni che non funzionano per colpa di chi le dirige (in quel caso vanno sostituite le persone), ma per l’inutilità dell’istituzione. Tagliando alcune istituzioni senza tale distinzione, si corre il rischio di ridurre i servizi al cittadino, oltre che ridurre il welfare (piuttosto da rafforzare). E perché non indagare sui finanziamenti, anche a fondo perduto, dati ad associazioni ai cui vertici ci sono i portatori d’acqua della politica? Associazioni che a buon conto si occupano delle problematiche delle ranocchie in amore; oppure sui finanziamenti a giornali politici ad elevata tiratura, ma con un unico lettore? Esaminare come vengono gestiti determinati fondi, da quelli pensionistici a quelli di scopo, quale il fondo mutualistico delle cooperative? Ed infine perché non vedere quello che ci costa il Vaticano (mi scusi don Camillo)? Tra il mancato incasso per la tassazione sugli immobili, esenzioni da Irap, otto per mille, che alla fine vede la maggior parte dei fondi destinata allo stipendio dei sacerdoti, spese di mantenimento edilizio dei luoghi di culto, spese per le giornate nazionali e grandi eventi, quanto ci si potrebbe coprire, per aiutare i più deboli del “nuovo terzo mondo?”
DON CAMILLO
Siccome è sempre meglio un uovo oggi che una gallina domani (soggetta com’è alle grinfie della volpe ) non credo sia opportuno stare troppo a filosofare sul bonus.
Se la concessione del bonus non sarà decimata da una contraria decimazione di detrazioni, credo si sia sulla strada giusta vista nell’ottica di una riduzione del cuneo fiscale e, aggiungerei se fosse possibile, contributivo.
Concedere il bonus al lavoro dipendente (per ora) senza dimenticare le altre forme di lavoro autonomo o parasubordinato è certamente un buon inizio. Si tratta di cercare di implementarla con altri benefici quali una decontribuzione per i primi anni di start-up ed una decimazione di molti inutili adempimenti che complicano sempre l’inizio attività.
La non estensione alle pensioni non si inquadra in una ingiustificata creazione di disparità ma su un voler privilegiare il mondo produttivo rispetto a quello delle rendite. In momenti di carenza di risorse come l’attuale, è inesorabile che si sia costretti a selezionare gli interventi in modo da far ripartire il sistema produttivo. Solo facendo ciò si potrà sperare in una maggior occupazione ed in una crescita indispensabile per mantenere uno stato sociale costoso e non sempre rispettoso delle necessità dei cittadini.
Riguardo alla destinazione delle briciole, ( non credo che tale definizione la possa dare chi oggi percepisce 1000/2000 euro al mese ) visto che riguarda una platea di cittadini ampia e con propensione al consumo elevata mi piace pensare che sicuramente sarà spesa e non accumulata e che contribuirà ad innescare una ripresa seppure a piccoli passi.
Io direi di non sparare a casaccio e di attivarsi, ciascuno per quello che può, per tentare una politica di crescita in cui le parti sociali lavoratori e datori di lavoro spendano validamente la loro credibilità impegnandosi concretamente: i lavoratori attraverso il miglioramento della produttività ed efficienza (magari riducendo le assenze ed i tempi morti) e le aziende scommettendo ed investendo sul futuro privilegiando l’economia reale rispetto a quella virtuale o finanziaria.

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