Parola di Giciemme. “GERMANIA ANNO ZERO” NEL VENTENNALE DELLA CADUTA DEL MURO

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(11.11.09) L'anniversario della caduta del Muro ha richiamato l'interesse su una ricca serie di eventi e curiosità collaterali (esistono anche persone che hanno nostalgia della DDR, beati loro), ma nessuno, per quanto ci risulta, si è ricordato di dire che un grande pezzo del Muro – tre metri e sessanta di altezza per uno e venti di larghezza, peso 2600 chili – è esposto nel Santuario di Fatima, come ringraziamento alla Madonna alla cui intercessione si deve la caduta del comunismo. Fin dalle sue prime apparizioni, avvenute a ridosso della rivoluzione di Ottobre, la Madonna di Fatima ha infatti svolto un'attiva propaganda anticomunista, spiegando ai pastorelli il grande pericolo per la pace che sarebbe venuto dalla  Russia se questa non si fosse convertita (le era sfuggito il nazismo). Tra gli eventi collaterali non potevano mancare le proiezioni del capolavoro di Rossellini “Berlino anno zero”, che per la verità non ha niente a che vedere con il Muro – è ambientato nella Berlino  dell'immediato periodo post-bellico – ma descrive bene il contrasto tra la speranza di un mondo nuovo da costruire sulle macerie e i rigurgiti dello spirito nazista ancora presenti in quel tragico contesto. Rigurgiti che purtroppo, lo vediamo anche da noi, tornano periodicamente a galla  – come riflesso della più spregevole natura dell'uomo – in tanti personaggi che si riempiono la bocca con le loro "radici cristiane". E a proposito di Berlino Anno zero, è interessante il racconto, fatto dallo stesso Rossellini nella sua autobiografia, di quando dopo lunghe ore di attesa per il casting uno dei giovani aspiranti – un allora sconosciuto Klaus Kinski – si mise a urlare contro il regista che da mezz'ora si tratteneva a parlare al telefono con la Magnani. E Rossellini disse ai suoi aiutanti: “Interessante quel ragazzo, fategli un provino”.  
di Gian Carlo Marchesini

Ho visto Germania Anno zero di Rossellini ieri sera per la prima volta. Girato a Berlino nel 1947, ha vinto l’anno successivo il Pardo d’oro al festival di  Locarno. Non avevo idea che, dopo la sconfitta del nazismo, Berlino fosse ridotta in quel modo, città di rovine spettrali, gli abitanti a vivere pigiati in più famiglie dentro i pochi appartamenti ancora in qualche modo agibili, angosciate dall’assillo quotidiano di recuperare qualche patata e del tè per farne una bevanda e una zuppa calda. Basti dire che il ricovero in ospedale era per un vecchio malato considerato un grande privilegio, perché consentiva di avere garantito la mattina un po’ di latte, a pranzo un po’ di carne, la sera una tazza di brodo. Per avere una tessera annonaria indispensabile per la razione quotidiana di cibo bisognava lavorare duramente di pala e piccone a sgomberare macerie o aprire nel cimitero fosse. Per avere qualche decina di marchi per procurarsi beni ambiti come il sapone o un paio di sigarette, bisognava vendere qualche vecchio oggetto di casa al mercato nero o, per le ragazze, rendersi  disponibili la sera nei locali notturni ai militari delle truppe occupanti. La fame, il freddo, le privazioni di ogni genere, erano terribili. Tutti erano costretti a escogitare imbrogli ed espedienti pur di sopravvivere e tirare stentatamente avanti
La storia raccontata nel film di Rossellini è quella di un ragazzino di dodici anni in adorazione del maestro di scuola nazista che esalta la selezione darwiniana, inneggia al diritto dei forti, lo indottrina sulla necessità di eliminare i deboli e le bocche da fame inutili. E pensando così di aiutare la sua famiglia in gravi difficoltà economiche, il ragazzino avvelena il vecchio padre malato, peso gravoso sul già misero bilancio famigliare. Al racconto del parricidio compiuto, invece di ricevere gli elogi attesi, viene respinto e sconfessato dal maestro. Si rende così conto della gravità del delitto compiuto, si allontana da casa disperato, vagola inebetito tra palazzi sventrati e strade invase dalle macerie e poi, schiacciato dal rimorso, si uccide gettandosi nel vuoto.
 
Vedere un film così, entrare in contatto con una realtà come quella tragica di Berlino nell’immediato dopoguerra, costituisce termine di paragone che relativizza e ridimensiona gli effetti pur pesanti della crisi economica attuale. PQuel terribile periodo storico è da Rossellini intelligentemente utilizzato per evidenziare la verità sconvolgente della tragedia. Il dato choccante è che a condurre quella vita disastrata – chi è sano accetta qualsiasi tipo di lavoro in cambio di una razione di cibo, chi è giovane e sessualmente appetibile, donna o ragazzo che sia, si vende ai militari occupanti o ai vecchi sporcaccioni – non sono extracomunitari clandestini, ma tutti gli abitanti di Berlino, anche quelli appartenenti alla grande o piccola borghesia, che fino a qualche anno prima godevano di un elevato tenore di vita e dei privilegi di un Paese dominatore.
Rossellini piazza la sua cinepresa come occhio imparziale e lucido dentro la città, e gira la sua storia terribile calandola in uno scenario di distruzione e morte: i due elementi, vicende dei protagonisti e urbano disastro post bellico, perfettamente consoni e coerenti.  Sulle rovine di una apocalisse storica mette in scena una storia che è, in panni contemporanei, una tragedia greca. Il ragazzino che alla fine si copre gli occhi con una mano per lanciarsi senza un grido nel vuoto è l’immagine delle conseguenze prodotte da un delirio di follia collettiva. Germania Anno Zero è  monito del livello di abiezione distruttiva cui è capace di arrivare l’umanità. A una Germania che dopo avere tradito con il nazismo il suo miglior passato umanistico si affaccia a quel risultato di desolazione, non rimane che gettarsi nel vuoto dall’alto delle macerie  che essa stessa ha provocato.

A vedere il film mi hanno indotto le celebrazioni in corso del ventennale della caduta del Muro, e la descrizione sui giornali di una Berlino giudicata oggi città glamour e giovanile,  rutilante e divertente, meticcia e godibile più di qualsiasi altra capitale europea. Così raccontata, e ascoltando le descrizioni ammirate di chi ne è reduce, viene da pensare che  Germania Anno Zero sia stato girato dentro un cratere lunare, o in un’epoca risalente a centomila anni fa. Ma in realtà si è trattato dell’altro ieri. Il Muro di Berlino, la divisione in due della Germania, sono state conseguenze sciagurate del nazismo, una sua espiazione, un tentativo di esorcismo e riparo. Nel 1989 il Muro è stato finalmente abbattuto e superato, e oggi la Germania è pacificamente unita. Ma la memoria di tanti disastri, delle loro origini e cause, va, a memento, coltivata e mantenuta.

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