MALA TEMPORA CURRUNT E NOI AVVISIAMO, I NOSTRI ARTICOLI NON SONO NOSTRI

(5.9.09) Tempi sempre più duri per chi fa comunicazione. Da oggi in poi tutti i portavoce, tranne Capezzone, sono condannati al silenzio, ruberanno lo stipendio. Anche i portaborse non possono portare più borse, i portacarte più carte, i portaordini più ordini. Peggio va ai direttori di giornali, che saltano come tappi di champagne o sono chiamati a rifondere l'Offeso con risarcimenti milionari. Essendo anche noi un po' del ramo ci sembra doveroso cautelarci: sia chiaro che tutti gli articoli usciti a nostra firma su questa pseudo-rivista non sono nostri ma pubblicati – a nostra totale insaputa – da un nostro ex collaboratore, ex omosessuale ed ex tossicodipendente, ormai riparato in Amazzonia e probabilmente scomparso per sempre. Pertanto qualunque richiesta di risarcimento deve essere rivolta esclusivamente contro di lui all'ultimo indirizzo conosciuto enne_enne@forestaamazzonica.com. Tale disclaimer vale anche per l'articolo che segue, pubblicato, sempre a nostra insaputa, da un misterioso hacker, e del quale disconosciamo sin da ora la paternità. Anche eventuali registrazioni audio-video che ci ritraggono durante serate a luci rosse in cui siamo utilizzatori finali di procaci escort sono false, basate su persone che ci somigliano come gocce d'acqua e assumono abusivamente la nostra identità. Sia chiaro che noi facciamo solo feste e non festini. E mai con minorenni. E comunque non abbiamo problemi di erezione. Quanto sopra ad ogni effetto di legge.
Articolo di Giancarlo Fornari  (ma forse no, vedi dichiarazione che precede)

C'è molta più politica che gossip in questa ennesima storia di retrobottega sessuale: se non altro perchè lo scandalo più grave non sta nel fatto che il direttore del giornale dell'episcopato cattolico, attaccato dal direttore del giornale (del fratello) di Berlusconi per essere stato condannato, come tutti i vescovi ben sapevano, per molestie legate a motivi sessuali, si sia dovuto dimettere dall'incarico. Lo scandalo più grosso, di cui nessuno parla, sta nel fatto che il giornale stesso – organo ufficiale di un'istituzione dello Stato Vaticano – sia finanziato dallo Stato italiano, cioè da tutti noi, con circa sei milioni di euro all'anno, un miliardo di lire al mese. Di questo scandalo non parla nessuno e tantomeno La Repubblica, impegnata a santificare sia il giornale stesso, sia il suo dimissionario direttore, sia la Cei, sia il suo presidente Bagnasco, sia l'ultimo sagrestano che le dia una mano di aiuto nella sua guerra privata e disperata contro Berlusconi.
Le dramatis personae in questa vicenda sono almeno quattro:  Berlusconi e le sue querele, Feltri e le sue accuse, Boffo e le sue difese, La Repubblica e le sue guerre. Sullo sfondo i veri “poteri  forti” italiani: Benedetto XVI e il fido Cardinal Bertone, che hanno ormai deciso di dare un violento scossone alla politica italiana. I frutti sono maturi, basta solo scuotere l'albero.
 
Berlusconi e il suo contrattacco, Feltri e le sue veline

Ormai stanco di subire attacchi quotidiani per le sue evasioni a sfondo sessuale, in verità più penose che peccaminose (degno di un film di Bunuel lo spettacolo del premier che prima di sceglierne una da portarsi “nel lettone di Putin” intrattiene per ore una diecina tra veline ed escort cantando, proiettando filmini di suoi interventi politici e raccontando che lui è l'unico al mondo ad aver presieduto tre volte il G8, mentre un “ohhh” di ammirazione sale dalla piccola folla procurandogli il primo orgasmo della serata), dopo una notte di forzata castità in cui non faceva altro che rivoltarsi nel letto Papi ha deciso di rispondere colpo su colpo attuando due linee di difesa-offesa: una basata sulle querele, l'altra sui dossier.
Ha chiesto quindi risarcimenti milionari all'Unità per le sue insinuazioni, tra cui quelle, che più gli scottano, riguardanti suoi presunti problemi di erezione, insinuazioni che secondo  i suoi avvocati avrebbero gravemente “leso la sua identità” (si chiarisce così  dove va ricercata l'identità del nostro premier). Già che ci si trova Papi querela anche La Repubblica per le sue dieci fastidiose domande, un tormentone che lo perseguita da più di cento giorni. I lettori che ci seguono sanno che non ci piacciono molto le insistenze del giornale di Mauro nel chiedere quotidianamente a Berlusconi, con tanto di testo inglese a fronte tipo le tragedie di Shakespeare, come e quando ha conosciuto Noemi Letizia e come mai discuteva con il padre le candidature del Pdl in Campania. Di tali epocali questioni, detto con franchezza, non ce ne può fregare di meno, e per quanto ci riguarda, lo abbiamo anche scritto, le domande da rivolgere quotidianamente all'uomo di Arcore sarebbero ben altre. Però ci piace ancora meno che costui chieda risarcimenti milionari a chi gli rivolge domande petulanti ma ragionevoli sulle sue frequentazioni, minorili e non: queste reazioni può averle un puttaniere privato, non un puttaniere presidente del consiglio. Per questo motivo, pur non condividendo, ripetiamo, il tormentone di Repubblica, pubblichiamo anche noi le sue dieci domande, per solidarietà: se Papi è interessato può trovarle qui (e nel caso dovesse chiedere anche a noi i danni sia chiaro che non ne sapevamo nulla, la responsabilità è di un hacker delle Filippine che è solito inserirsi abusivamente nel nostro sistema informativo).   
 
Scatenare Feltri
La seconda linea di difesa-offesa di Berlusconi presuppone l'utilizzo del Giornale, il quotidiano (nominativamente di proprietà del fratello di Papi) gestito da Mario Giordano decorosamente ma in modo non sufficientemente aggressivo, almeno dal punto di vista del Cavaliere. Quando il gioco si fa duro i duri alla Materazzi entrano in campo, e allora da un giorno all'altro via il buon Giordano e dentro il “cattivo” Vittorio Feltri, che si trasferisce in redazione accompagnato dalla sua spia favorita (quel tale Renato Farina che con il vezzoso nome d'arte di Betulla collaborava nascostamente con i servizi segreti e per questo è stato radiato dall'ordine e poi premiato con l'elezione a deputato del Pdl) e con due “dossier-bomba” nella borsa: il primo riguardante una vecchia sotto dichiarazione fiscale del Direttore di Repubblica, il secondo una condanna  per molestie, legate a questioni sessuali, del Direttore di “Avvenire”, giornale che più volte aveva messo sotto accusa il premier per le sue scandalose divagazioni, e che perciò va punito. Fa parte di questo secondo dossier – sbattuto con grande violenza in prima pagina – una velina, forse proveniente da qualche servizio segreto (ma qui il sullodato Farina non c'entra, è roba che circola da tempo negli ambienti vaticani), in cui si forniscono dettagli compromettenti circa presunti rapporti omosessuali di Boffo con il compagno della ragazza molestata. uno steward di Terni. Dopo alcuni giorni di polemiche al calore bianco, su cui non ci fermiamo perché sin troppo note ai lettori, arrivano le dimissioni del Direttore di Avvenire.

Boffo e le sue difese

Un topos ormai classico dei film hollywoodiani è la scena di lei che scopre l'amato bene a letto con un'altra, e mentre fugge disperata viene inseguita da lui mezzo nudo che le grida dietro la fatidica frase: “Cara, non è come pensi tu”. Il bello è che la cretina qualche volta ci crede.
E' quella che noi abbiamo chiamato “difesa-fiaba” o “difesa-complotto”, messa in atto ad esempio da Fazio quando, arrivato alla fine del suo inglorioso mandato in Bankitalia, si difendeva dicendo “Mi attaccano perché sono cattolico”. No, caro governatore, l'attaccavamo perché si sbaciucchiava con un banchiere poco di buono da lei “controllato”, lo riceveva  di nascosto, accettava i suoi regali in cambio di favori che non avrebbe dovuto fargli. La stessa difesa messa in atto a suo tempo da Craxi e dai suoi sodali: “Ci attaccano perché siamo socialisti e diamo fastidio ai comunisti”. E' possibile, caro Presidente, ma il problema è un altro: “E' vero o no che prendevate tangenti da tutte le parti, e che molte di queste invece di arrivare al partito vi rimanevano  distrattamente appiccicate alle mani?” La stessa difesa messa in atto da D'Alema e Fassino quando vennero diffuse le intercettazioni delle loro  conversazioni con l'ad di Unipol: “Si vuole colpire il nostro partito”. Anche questo è possibile, certo,  ma è vero o no che quasi ogni giorno studiavate mosse e contromosse dell'Opa su Bnl insieme a Consorte?
E così “mi attaccano per vendetta, perché ho accusato Berlusconi per le sue immoralità” – ha spiegato Boffo. Verissimo, lo ha ammesso Feltri per primo. Ma il punto è un altro: è vero o no che il supermoralizzatore, quello che saliva ogni giorno sul pulpito per fare la morale agli altri, era stato condannato  per aver molestato telefonicamente una donna – reato bruttissimo – perché “la ingiuriava anche alludendo ai rapporti sessuali con il suo compagno per petulanza e biasimevoli motivi”, come riferisce il Gip di Terni, che evita di chiarirci quali siano questi “biasimevoli motivi” e si rifiuta di farci leggere gli atti perché potrebbero “prestarsi ad ambiguità”? E perché – visto che in questo paese non c'è niente di più pubblico delle questioni private raccolte nei verbali giudiziari – solo in questo caso il magistrato tiene secretati a doppia mandata gli atti processuali, compresa una cassetta registrata dalla ragazza, che potrebbero dimostrare la trasparenza assoluta dei comportamenti del Boffo? E perché questi atti non ce li fa conoscere lo stesso Boffo, in modo da mettere per sempre una pietra sopra a calunniosi  sospetti?  
Boffo se ne guarda bene, e mette in scena la difesa-fiaba: non era lui a fare quelle telefonate ma un suo ex collaboratore – lui sì, omosessuale, e guarda caso ora provvidenzialmente morto – che usava il telefonino lasciato incustodito dal Boffo, che sbadato. Telefonino al quale, quando i suoi conoscenti lo chiamavano, rispondeva però sempre lo stesso Boffo, che strano. Ma certo, siamo cretini, crediamo tutti a questa fiaba: “Cara, non è come pensi tu”.
 
La vittima della malattia omofobica
Su Repubblica, che ovviamente lo santifica perché i nemici dei miei nemici sono miei amici, Adriano Prosperi ha scritto ieri che “l'aggressione contro Boffo ha teso a distruggerne strumentalmente il ruolo sociale e la vita privata, sfruttando cinicamente il clima di linciaggio che il semplice sospetto di scelta o tendenza omosessuale sta scatenando oggi in Italia, indizio della malattia morale e della regressione nazistoide del paese”. Una tesi ripresa pari pari dalla stampa estera – i cui corrispondenti in Italia non sanno fare altro che dei copia e incolla da Repubblica – tant'è vero che il Times ha scritto testualmente che “il Direttore cattolico Dino Boffo si dimette dopo gli attacchi omofobici del giornale di Berlusconi”.
Una tesi che più falsa non si può, perché se c'è una forza omofobica oggi in Italia è proprio la Chiesa cattolica, di cui il Boffo è stato in tutti questi anni servizievole portavoce; una Chiesa che non vuole sentir parlare di una legge contro l'omofobia, che nel suo ultimo Catechismo ha decretato che l'omosessualità è una forma di degenerazione alla pari di pedofilia, masturbazione, violenza sessuale. E non è vero forse che la Santa Binetti ha confermato che non c'è alcuna differenza tra pedofilia e omosessualità; non è vero che il quotidiano Avvenire, diretto dal Boffo ma pagato con i nostri soldi,  quando sotto il governo Prodi sembrava si dovesse arrivare in qualche modo all'approvazione dei Dico se ne uscì con un titolo a tutta pagina: “NON POSSUMUS”? Loro, i vescovi. Lui, Boffo.
Per chiarire definitivamente questo punto basta riprendere le parole pronunciate a caldo da un gay dichiarato e politicamente impegnato come Franco Grillini, presidente dell'associazione dei giornalisti Gaynet: “È giusto smascherare i moralisti incoerenti, Boffo è la punta dell'iceberg”. “Negli ambienti della politica e del giornalismo – dice – tutti sapevano tutto del direttore di Avvenire, come tutti sanno tutto delle decine e decine di moralisti nella politica italiana e in Vaticano che hanno una vita privata totalmente incoerente con la loro vita pubblica. Se si passa il proprio tempo, come ha fatto finora Dino Boffo, a sparare a zero sugli omosessuali, sulle donne che abortiscono, su chi si rivolge ai centri per l'inseminazione assistita, sui divorziati, e chi più ne ha più ne metta, si dovrebbe come minimo dare il buon esempio”. Invece, viviamo nel Paese dei "puttanieri moralisti". “Noi riteniamo – ha concluso Grillini, con un'immagine un po' fantasiosa – che chi costruisce la propria carriera, sia essa politica o religiosa, sulla base del più anacronistico dei moralismi dovrebbe viaggiare con una telecamera nelle mutande».

Quanto ci costano le escort del premier
Ci siamo diffusi sin troppo sullo scandaletto che qualcuno ha paragonato al Watergate, qualcun altro, cianciando, ha visto come una specie di fine della democrazia (vedi intervento di ieri di  D'Alema). Diciamo quindi poche parole su quello che a nostro avviso è invece la  vera sostanza politica della commediola messa in scena sul palcoscenico giornalistico di queste ultime settimane.
Il punto di partenza di tutto è l'intervista in cui Noemi Letizia parla con innocente candore dei suoi rapporti di minorenne con Papi Berlusconi; quell'intervista che come abbiamo scritto a suo tempo, per noi segna la fine della parabola ascendente e l'inizio della caduta delle fortune politiche del Cavaliere. Il quale non a caso, da allora, non ne ha indovinata una. Un errore fatale – tanto per dire uno degli ultimi – è stato mettere in mano proprio ai magistrati, che così poco lo amano, la decisione circa il valore  diffamatorio o no delle dieci domande, rilanciando l'ormai barboso tormentone proprio quando Repubblica non sapeva come fare per chiuderlo. Un errore ancora più grave la violenta sortita di Feltri contro Boffo, proprio il giorno prima che Berlusconi, nella  cena con il cardinale Bertone dopo la cerimonia della Perdonanza, avrebbe messo in cassetta il ricostruito rapporto con la Segreteria vaticana. Un atto così intempestivo e politicamente sguaiato, quello di Feltri, da far riesumare il vecchio detto “Dagli amici mi guardi Iddio”. L'intesa con Bertone, su cui tanto aveva lavorato il fedele Gianni Letta, avrebbe messo infatti un silenziatore alle campagne contro Berlusconi della Cei, che dall'ostilità manifesta avrebbe dovuto passare quanto meno a una prudente neutralità. Bertone sin da quando aveva insediato Bagnasco lo aveva avvisato che era finita l'epoca di Ruini, alla politica in Italia ci avrebbe pensato lui e non  la Cei; questa era l'occasione per chiarire definitivamente chi è che fissa la linea della Chiesa, se il Vaticano o i vescovi. In altre parole: per calmare Boffo non c'era bisogno di aggredirlo rinfacciandogli le sue vere o presunte immoralità, ci avrebbe pensato, per vie interne, la prudente diplomazia della Segreteria di Stato.

Ora Canossa è più difficile

L'attacco forsennato al Direttore dell'Avvenire e le sue dimissioni forzate hanno scompaginato questo quadro e ottenuto un solo effetto, rafforzare ancor più il potere contrattuale di Bertone. Adesso, se vuole l'imprimatur della Curia Papi dovrà farsi perdonare non solo le intemperanze di letto ma anche l'aggressione  dei suoi giornalisti al quotidiano dei vescovi. Certo, non è che il mancato accordo con la Chiesa lo metta in pericolo. Non è vero, come scrive incredibilmente il vaticanista di Repubblica, che la sua sorte politica sia “legata al filo del placet del Vaticano”. Per quanto viviamo in un paese sotto il dominio clericale non siamo per fortuna arrivati a questo punto, fino a prova contraria la fiducia o la sfiducia la dà ancora il Parlamento italiano e non la Curia vaticana.
Ma certo lo scenario che ha davanti Berlusconi si è fatto più buio, la sua Canossa è diventata – per lui, ma soprattutto per noi – molto più costosa.
Il che significa sul piano parlamentare, approvare subito, sia pure con qualche modifica di facciata che non ne intacchi la sostanza, la legge sul testamento biologico (rectius, la legge che rende impossibile il testamento biologico) varata dal Senato, prepararsi a nuove concessioni finanziarie su scuole e ospedali cattolici, blindare l'insegnamento della religione. Sul piano politico, far entrare gradualmente a pieno titolo nella maggioranza di governo l'Udc di Casini, che non a caso in tutte queste ultime vicende ha sempre tenuto un bassissimo profilo. L'ingresso dei democristiani doc, prima nelle regioni, poi nel governo, aumenterà il tasso di ortodossia cattolica della maggioranza e bilancerà, o meglio finirà con l'azzerare del tutto, le velleità laiciste del Fini versione seconda giovinezza. Preparando nel contempo la successione  di Casini a Berlusconi. A sinistra, dove saranno ancora felicemente insediati i Rutelli e le Binetti, non ci sarà bisogno di  bilanciare nessuno.
A quel punto si vedrà. L'ipercattolico gentiluomo del Papa Gianni Letta a Presidente della Repubblica dopo il galantuomo ex comunista Napolitano, l'abrogazione della 194, la comunione obbligatoria, tutto sarà possibile. Ringraziando Berlusconi, la D'Addario, Ezio Mauro, il Pais, il New York Times, Franceschini,  D'Alema, Vittorio Feltri.
Speriamo di sbagliare.

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