APERTO UN GRUPPO SU FACEBOOK: VIA DAL PARLAMENTO I SABOTATORI DEL PROVVEDIMENTO ANTIPIANISTI

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(11.3.09) Il meccanismo, oltretutto assai costoso, a cui è dovuto ricorrere il Presidente della Camera per stroncare il fenomeno di malcostume politico rappresentato dai cosiddetti pianisti è entrato in vigore nonostante l'opposizione di un gruppo di deputati che evidentemente giudicano del tutto accettabile che in Parlamento si commettano impunemente reati che in altre circostanze e in altri ambienti (ad esempio in una cabina elettorale) porterebbero all'arresto immediato dei colpevoli. Deputati che cascano dal pero e si stracciano le vesti per l'oltraggio fatto al Parlamento senza rendersi conto che il vero oltraggio viene proprio da quei comportamenti che la decisione di Fini vuole interrompere. E' importante invece andare avanti nella lotta al malcostume della casta e ai suoi privilegi, divenuti ormai intollerabili agli occhi dei cittadini. Altrimenti la progressiva perdita di prestigio delle istituzioni potrebbe unirsi alle tensioni provocate da una crisi economica sempre più minacciosa, con gravi rischi per la tenuta della stessa democrazia. Democrazia messa in pericolo anche da chi – e questo è un altro vero grande oltraggio – vorrebbe che ad approvare le leggi in Parlamento fossero soltanto quattro suoi disciplinati portaparola, due alla Camera e due al Senato. In questa situazione sarebbe tanto più auspicabile – come chiediamo nel gruppo che abbiamo aperto su Face Book – che ai nostalgici degli imbrogli non venisse permesso di entrare alla Camera, così come non viene permesso di entrare in ufficio o in fabbrica ai lavoratori che si rifiutano di timbrare il cartellino. Attendiamo che il Presidente Fini, come promesso, renda pubblici i loro nomi.

Lettera aperta al Presidente della Camera Gianfranco Fini

Illustre Presidente, sapere che le leggi pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale, contenenti prescrizioni ed obblighi spesso assai pesanti per i cittadini, sono state approvate da false maggioranze ottenute da parlamentari disonesti che votano per conto degli assenti compromette in modo irrimediabile la credibilità delle istituzioni. Si tratta di comportamenti che non solo sono politicamente e moralmente scorretti, brutto esempio per i nostri giovani, ma costituiscono anche veri e propri reati, se è vero che il voto per interposta persona ad opera di compiacenti colleghi permette agli assenti di fruire della sostanziosa diaria riservata ai partecipanti alle sedute. Così la gherminella politica si trasforma in una truffa ai danni delle Camere e, indirettamente, dei cittadini che le mantengono con i soldi delle loro tasse.

Per questi motivi gli italiani hanno visto con grande favore il fatto che Lei, Presidente Fini, abbia deciso, dopo tante promesse inutili dei parolai che l'hanno preceduta, di creare un sistema per far cessare questi vergognosi comportamenti. Ed è con grande stupore che abbiamo letto le proteste di uno scelto gruppo di deputati che, non contenti dei loro mille privilegi, hanno tuonato contro la grave offesa fatta alla loro dignità rifiutandosi, con argomenti risibili, di lasciarsi prendere le impronte. “Noi come i Rom, giammai” – hanno detto i leghisti, sempre pronti a scagliarsi contro Roma ladrona. “Le impronte digitali sono un oltraggio alla dignità del Parlamento, questo provvedimento si muove nel solco della distruzione dell’onore delle istituzioni repubblicane”, si è risentito Paolo Guzzanti, l'indimenticabile ex presidente della fatidica Commissione Mitrokhin. Il poco rimpianto ex ministro della difesa Antonio Martino, i cui principali meriti sono l'aver avuto un padre importante e l'aver preso il tè un pomeriggio a Washington con una lontana zia di Bush, ha rivendicato la sua aristocratica natura di liberale DOP: “Non metterò mai le dita su qualsivoglia macchina di rilevazione”. Un semisconosciuto Francesco Nucara, per eterogenesi dei fini insediato nel posto di segretario del partito a suo tempo occupato da un grande politico come Ugo La Malfa, si è rifiutato “per principio”: “Quando sono stato eletto in Parlamento nel 1983 – ha borbottato – credevo di entrare nel tempio della democrazia, non a Regina Coeli”.

Ora non è detto necessariamente che questi personaggi si oppongano a rilasciare le loro impronte perché intendono continuare a imbrogliare nelle votazioni. Può anche darsi siano sinceri quando dicono che la loro opposizione deriva da motivi di principio. Ma così dimostrano di non aver capito proprio nulla della gravità della situazione. Chi distrugge l'onore del Parlamento sono i deputati disonesti che trasformano le votazioni in un gioco a carte truccate e la Camera in una bisca. L'oltraggio alla dignità e al prestigio della Camera viene dai loro brogli, non certo dal provvedimento che tenta di farli cessare. Nucara casca dal pero e come una vergine vestale si straccia le vesti perché, poverino, credeva di entrare nel tempio della democrazia e invece si trova in una specie di Regina Coeli? Ma siamo noi che credevamo che il Parlamento fosse il tempio della democrazia e invece ci siamo accorti con amarezza che è stato trasformato, da lui  e se non da lui dai suoi amici e colleghi, in una specie di Porta Portese dove si pratica il gioco dei bussolotti senza che nessun poliziotto e nessun vigile possano intervenire. Caro Presidente Fini, Lei ha tutta la nostra solidarietà, vada avanti. Per quello che può servire, abbiamo creato un Gruppo su FaceBook dove scriveremo i nomi dei deputati che si oppongono al suo provvedimento: inviteremo i cittadini a non votarli (ammesso che possano riavere un giorno il potere di scegliere chi dovrà andare in Parlamento a rappresentarli) e comunque a non votare per il partito che li metterà ancora in lista: sono chiaramente inadeguati al loro ruolo e al loro mandato.

Ci auguriamo che questa mobilitazione, grazie agli strumenti del Web, si propaghi tra tutti gli elettori. Ma intanto – come chiediamo nel gruppo su Face Book – ai nostalgici degli imbrogli non deve essere permesso di entrare alla Camera, così come non viene permesso di entrare nell'ufficio o in fabbrica ai lavoratori che si rifiutano di timbrare il cartellino. Siamo in attesa che come promesso Lei renda pubblici tutti i loro nomi.
Ci troviamo in un momento assai difficile e Lei, da quella persona accorta che è, se ne è reso conto. Mai come oggi il prestigio della classe politica, della cosiddetta casta, è sceso così in basso – per i suoi privilegi, la sua inconcludenza, i suoi costi, la sua diffusa corruzione – nel sentimento dei cittadini. Questa disistima oramai generalizzata produce una crisi della democrazia dalle conseguenze forse imprevedibili. "Beata Ignoranza” Gelmini ha deciso che Giorgio Gaber sarà studiato nelle scuole come maestro di educazione civica. Così i nostri ragazzi potranno leggere, e convincersi che è ancora attuale, un verso del suo “Qualcuno era comunista” che sicuramente l'incauta ministra non conosce: “Qualcuno era comunista perché non sopportava più quella cosa sporca che ci ostiniamo a chiamare democrazia”.

Mentre nel cielo del nostro paese si addensano nuvole oscure c'è il rischio – se la classe politica non fa in fretta ad autorigenerarsi – che il ripudio delle istituzioni si saldi con i fermenti di insoddisfazione e di protesta indotti da una crisi economica che si sta facendo sempre più minacciosa. E allora potrebbero tornare i momenti bui che la nostra democrazia ha vissuto in tempi non lontani. Facendo magari da sgabello a nuovi uomini della Provvidenza pronti ad approfittare di tutte le opportunità per stravolgere l'ordine costituzionale. In questa situazione è ancora più importante il fatto che Lei si stia opponendo fermamente, oltre che ai razzismi di tutti i tipi, al malcostume politico del Parlamento e insieme ai tentativi di espropriarlo delle sue prerogative – adesso arrivano anche le proposte di far votare solo i capi gruppo, magari anche per telefono, perché no?
Come la maggioranza degli italiani le siamo dunque grati per quanto fa per rendere più pulita questa nostra democrazia. Saremmo lieti – ma su questo abbiamo molti dubbi – se anche il Presidente del Senato potesse fare altrettanto.

Cordialmente, Suo

Giancarlo Fornari

Roma, 11 marzo 2009

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